Un 6 aprile di silenzio per tutte le vittime

Mercoledì 6 aprile non è solo il secondo anniversario del terremoto dell'Aquila. È anche il primo giorno della memoria dedicato alle vittime delle catastrofi. Sarebbe bello se sull'Abruzzo calasse il silenzio. Un modo per onorare i morti e rispettare la sensibilità di una città stufa di parole, figuranti tv, falsi esperti, cricche e imbroglioni. Gli aquilani veri resteranno zitti: la fiaccolata per ricordare la terribile scossa delle 3,32, percorrerà le vie della nostalgia in punta di piedi, con occhi e cuori gonfi di struggente dolore. Rispettiamo questo silenzio.

Evitiamo il teatrino tra i tifosi del «tutto bene, che vogliono ancora gli aquilani?»; e quelli del «non è stata rimossa neanche una pietra». Che sia un giorno dedicato solo alla memoria e alla riflessione. Quante vittime delle catastrofi degli ultimi anni si sarebbero potute salvare? Pensiamo a loro. Alla gente morta anche per l'egoismo e la leggerezza di altri uomini.

Il punto sulla ricostruzione va fatto, certo. Vanno criticate le omissioni, i ritardi, le responsabilità. Ma con il rigore dei fatti. Le tragedie non possono diventare argomenti di contesa politica. Bisogna evitare che questo anniversario diventi una passerella. Del terremoto parliamone dal 7 aprile. E promettiamo di farlo fino a quando l'ultima pietra non sarà a posto. Gli aquilani la loro parte la stanno facendo, in 9mila hanno riparato le vecchie case e sono tornati a viverci, molti stanno riavviando attività, con propri soldi e tanti sacrifici. Ma non basta. È ferma la ricostruzione pesante, il centro storico è ancora imbalsamato come quella terribile notte. La rimozione delle macerie è solo agli inizi. Nelle nuove casette c'è lo sconcerto per il futuro, non solo l'amarezza e la tristezza per quello che non c'è più. Il terremoto non è solo palazzi, edifici e case che crollano: è la perdita di persone care, lo smarrimento di chi non ha più il filo delle abitudini, i luoghi di incontro, la normalità della vita. Migliaia di aquilani hanno nelle orecchie le urla di quella notte, il vento che spazza via gli affetti, i rumori agghiaccianti della terra che trema. Per un giorno facciamo in modo che queste cose possano essere riascoltate senza clamori. Sono quello che resta di un'esistenza che non c'è più. Silenzio, per favore.

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