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13 FEBBRAIO

Oggi, ma nel 1956, a Barrafranca, in via Romano, all’altezza del civico 14, in provincia di Enna, Giovanni Lauria, contadino del posto, presumibilmente, assassinava, a colpi di fucile, il maresciallo capo dei carabinieri Salvatore Troja, comandante della stazione cittadina, che era di ritorno da una serata danzante carnevalesca in una privata abitazione, quella detta del “Professore Ciulla”, in via Dante Alighieri.

Nell’agguato mortale veniva freddata anche la figlia Amalia, studentessa di 16 anni, che aveva accompagnato il padre alla festa. Per la precisione la giovane moriva sul colpo mentre il sottoufficiale dell’Arma, originario di Ramacca, in quel di Catania, sposato con Lucia Scirè, di Avola, nel siracusano, spirerà, il giorno successivo, 14 febbraio, San Valentino, nell’ospedale di Caltanissetta, per le ferite riportate (nella foto, particolare). Il funerale, che sarà con gli onori di Stato, prima del trasferimento dei feretri a Scordia, nel catanese, sarà estremamente partecipato.

Poiché l’eliminazione del militare destava enorme scalpore nella comunità, dato il delicato ruolo ricoperto in quell’angolo di Sicilia. Troja era stato anche molto impegnato nel fronteggiare la criminalità organizzata di stampo mafioso. In una zona ad alto tasso di omertà nessuno sarà disposto a testimoniare di aver visto Giovanni Lauria aprire il fuoco contro il rappresentante della Benemerita. Tantomeno lui confesserà. Anzi, esattamente come farà il fratello Salvatore -inizialmente arrestato e poi rilasciato per via dell’alibi ineccepibile- si dichiarerà estraneo all’omicidio. Verosimilmente Troja veniva fatto fuori per vendicare Francesco Lauria, fratello di Salvatore e di Giovanni, che era stato ucciso dal compare d’affari, conosciuto come “Amoroso”, e che il maresciallo avrebbe, ipoteticamente, coperto.