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13 NOVEMBRE

Oggi, ma nel 1943, sul Monte San Martino, tra la Valcuvia e il Lago Maggiore, in provincia di Varese, il comando nazista di zona decretava lo stato d’assedio del circondario, particolarmente nevralgico per il sistema difensivo tricolore alla frontiera nord, verso la Svizzera.

Contestualmente alla chiusura delle attività e degli esercizi pubblici, partiva il rastrellamento della popolazione civile residente alle pendici del monte. Il colonnello di complemento dei bersaglieri del regio Esercito Carlo Croce, milanese di origine, classe 1892, futura medaglia al valor militare alla memoria, già comandante del distaccamento del 3° reggimento dei fanti piumati a Porto Val Travaglia, alla data dell’armistizio dell’8 settembre 1943, formava il gruppo militare “Cinque giornate Monte di San Martino di Vallalta di Varese”, con il sostegno del Comitato di liberazione nazionale varesino. La formazione, che in poco tempo raggiungerà le 150 unità, armate alla meno peggio, iniziava a realizzare postazioni difensive contro i tedeschi con fossati, palizzate e sbarramenti di vario genere, anche in vista dell’incombere dell’inverno. Il 19 novembre Croce e i suoi partigiani saliranno sulla parte più alta del Monte San Martino, a 1087 metri sul livello del mare, e affronteranno le truppe teutoniche, comandate da Von Braunschweig, forte di 2mila effettivi dotati di cannoni, mortai, mitragliatrici, lanciafiamme e del supporto aereo della Luftwaffe.

I fedelissimi di Croce, tra i quali il tenente Carlo Hauss, il tenente Giorgio Vabre, il capitano Enrico Campodonico, il tenente Germano Bodo, il cappellano militare Mario Limonta, i partigiani Antonio De Bortoli, Silvio Bracchetti, Luigi Ronza, Giacinto De Grandi venderanno cara la pelle. Quelli che ci rimetteranno la vita saranno 42, 36 dei quali giustiziati dopo la cattura (nella foto, particolare, alcuni dei resistenti tratti in prigionia ne bosco di Cassano-Valcuvia, in uno scatto realizzato dalle milizie hitleriane) mentre tra gli avversari i morti saranno 240. Tra questi ultimi verranno annoverati anche il pilota e il navigatore presenti a bordo dello Junkers JU 87 Stuka, abbattuto a Rancio Valcuvia. Al termine dello scontro, i soldati con la croce uncinata faranno saltare in aria la chiesa, posta sulla vetta del monte, dedicata ovviamente a San Martino. Il luogo di culto verrà successivamente ricostruito nel 1958, dopo la fine del secondo conflitto mondiale e ospiterà anche il sacrario commemorativo della battaglia del San Martino del 14 e del 15 novembre di quel 1943.