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14 Marzo

Oggi, ma nel 1912, a Roma, il muratore anarchico Antonio D'Alba, nascosto tra le colonne di Palazzo Salviati, sparava tre colpi di rivoltella (nella foto, la scena in un'incisione del tempo) contro la carrozza che portava dal Quirinale al Pantheon il re Vittorio Emanuele III e la regina Elena. Nell'attentato veniva ferito il comandante dello squadrone guardie del re, il maggiore dei carabinieri Giovanni Lang, mentre uscivano illesi i due regnanti che si stavano recando alla messa di requiem per l'ex sovrano Umberto I, assassinato a Monza dall'anarchico Gaetano Bresci il 29 luglio 1900. Dopo essere stato catturato, D'Alba, nato nella capitale nel 1891, il 9 ottobre verrà condannato a 30 anni di carcere e rinchiuso nello stabilimento penale di Noto. Il 25 giugno 1920 verrà trasferito nella casa penale di Santo Stefano dalla quale uscirà il 31 ottobre 1921 per grazia. Ma già nel dicembre di quell'anno verrà accolto nel manicomio romano dove, dopo un progressivo peggioramento (diverrà anche sordo e cieco), morirà il 17 giugno 1953. Il tentato regicidio del 14 marzo 1912, che era soltanto il gesto isolato di un libertario individualista, apparirà come un complotto internazionale ordito dalla Turchia con la quale l'Italia era in guerra. Il tentativo di D'Alba alimenterà enormemente le polemiche tra gli oppositori del conflitto di Libia. Inoltre deteriorerà i rapporti tra il re e il presidente del consiglio Giovanni Giolitti (che era al suo quarto governo) per la falla nella sicurezza.

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