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14 MARZO

Oggi, ma nel 1972, a Segrate, in provincia di Milano, il contadino Luigi Stringhetti, che era a passeggio col suo cane, trovava il corpo, dilaniato dall’esplosione di Dinamon, dell’editore Giangiacomo Feltrinelli, di 46 anni, nome di battaglia “Osvaldo”, fondatore dei Gruppi di azione partigiana, tra le prime organizzazioni di estrema sinistra della lotta armata dei cosiddetti anni di piombo del Belpaese. Al momento della scoperta del corpo senza vita la vittima, che era in clandestinità per motivi politici, aveva addosso i documenti falsi, intestati a Vincenzo Maggioni. Inizialmente si crederà al decesso del facoltoso imprenditore dovuto al tentativo, andato male per imperizia, di far saltare il traliccio dell’alta tensione sotto il quale veniva ritrovato il cadavere (nella foto, particolare).

Poi si faranno avanti le ipotesi dell’omicidio, con contorni tra i più variegati. Delitto presumibilmente orchestrato da neofascisti, verosimilmente guidati da Franco Freda e Giovanni Ventura, coinvolti nel tortuoso iter processuale legato alla strage della Banca dell’agricoltura della città ambrosiana, per far puntare all'opinione pubblica l'attenzione sulla sinistra, extraparlamentare e non solo, verso la pratica dinamitarda. Operazione inscenata in modo da influenzare le elezioni politiche del 7-8 maggio di quello stesso 1972, ma soprattutto per ridare credibilità alla ormai declinante pista rossa utilizzata, in prima battuta, per le indagini sulla bomba di Piazza fontana, del 12 dicembre 1969. Altro percorso ipotetico sarà quello della vera e propria esecuzione di Feltrinelli camuffata da incidente, messa in atto da servizi segreti deviati, non solo nazionali. Apparati ufficiali e non che andranno dalla Cia americana al Mossad israeliano, fino alla fumosa rete internazionale di stay-behind Gladio.

La mesa in scena verrà motivata come stratagemma per eliminare un personaggio scomodo, influente, con grande disponibilità economica e con precise ambizioni. Di fatto la fine di Feltrinelli, costellata da svariate incongruenze, a cominciare dal tipo di esplosivo rinvenuto accanto ai suoi resti, rimarrà, anche dopo 50 anni, uno dei grandi misteri italiani. Le nebbie contribuiranno non poco a sedimentare giudizi discordanti sull’operato di “Giangi”, che verrà ritenuto da alcuni un rivoluzionario da operetta e da altri un vero e proprio padrone del vapore della contestazione tricolore. Innegabile sarà comunque il ruolo, suo e della sua diramazione operativa, di primo piano nel complicato contesto del tempo. Tra i volumi che ricostruiranno più accuratamente la sciagurata sorte del capo della grande casa editrice meneghina dedito alla guerriglia vi sarà quello del giornalista Aldo Grandi, intitolato non a caso “Gli ultimi giorni di Giangiacomo Feltrinelli”, che verrà pubblicato da Chiarelettere, del capoluogo lombardo, nel 2022, proprio in concomitanza col 50° anniversario della scomparsa.