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17 NOVEMBRE

Oggi, ma nel 1843, a Bronte, in provincia di Catania, che faceva ancora parte del regno delle due Sicilie, a quota 2375 metri sul livello del mare, l’Etna eruttava dal versante occidentale e dal cratere centrale. La fenditura si apriva nel sito denominato Quararazzi, dopo una serie di scosse telluriche e la colata lavica scendeva fino a quota 1900. L’abitato veniva salvato dalla deviazione del Poggio della Vittoria, posto tre chilometri prima.

Complessivamente la fuoriuscita di materiale incandescente, misto a cenere e lapilli, si protrarrà fino al 27 novembre successivo. In totale saranno 52 milioni i metri cubi di magma che verranno fuori dal vulcano siciliano. I morti saranno 36 ed altrettanti residenti del circondario del podere di proprietà del farmacista Ignazio Zappia rimarranno profondamente ustionati, solo nell’esplosione del 25 novembre (nella foto, particolare, dipinto di Salvatore Vasta, del 1846, olio su tela, riproducente quanto avvenuto nella contrada di Barrili, nello scatto di Santo Scalia).

La sciagura del 17-25 novembre 1843 verrà riportata dallo scrittore Giuseppe Cimbali nel suo libro “Terra di fuoco, leggende siciliane”, che verrà pubblicato da Euseo Molino editore, di Roma, nel 1847. In particolare nel racconto “La Madonna dell’Annunziata”. Ma anche nelle 35 pagine del volumetto vergato da Carlo Gemmellaro, “Sulla eruzione del 17 novembre 1843”, che sarà editato per i tipi di Fratelli Sciuto, nel 1844. Gemmellaro, medico e naturalista di Nicolosi, sempre nel catanese, classe 1787, che era stato introdotto allo studio delle scienze geologiche dallo zio Raimondo Gemmellaro proprio in occasione dell’eruzione del 1832, aveva costituito nell’ateneo catanese, l’Osservatorio meteorologico e a lui si dovranno le analisi sulle eruzioni del 1843. La precedente eruzione che aveva colpito Bronte, cittadina posta a 760 metri d’altezza, che sarà nota per la produzione del pistacchio a denominazione di origine protetta, ma anche per il titolo ducale che nel 1799 era stato assegnato all’ammiraglio britannico Horatio Nelson, da Ferdinando I delle due Sicilie, risaliva al 31 ottobre 1832. In quell’occasione la frattura da 2900 metri d’altezza era giunta a quota 1700. Le abitazioni non erano state interessate grazie ai muraglioni alzati alla meglio ed ai canali improvvisati dai brontesi.