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18 GENNAIO

Oggi, ma nel 1987, a Roma, moriva, vinto dal tumore ai polmoni, a 76 anni, Renato Guttuso, pittore neorealista, già senatore comunista, dal 5 luglio ’76 all’11 luglio ’83. Alla malattia si era unita la sofferenza successiva alla morte della moglie, “Mimise” ovvero Maria Luisa Dotti, il 5 ottobre 1986, e nell’ultimo periodo aveva smesso di dipingere e si era chiuso in se stesso. Da ateo convinto, verosimilmente, aveva abbracciato la fede cristiana, la presunta “conversione”, spinta da monsignor Fiorenzo Angelini, quale esponente di spicco della corrente andreottiana della Democrazia cristiana.

In punto di trapasso avveniva anche l’adozione, più o meno spontanea, di Fabio Carapezza, figlio dell’amico e chimico, geologo e vulcanologo Marcello, che morirà il 2 settembre successivo, fino al 1985 pro rettore dell’Università di Palermo. Fabio, che sarà l’unico erede del patrimonio dell’artista, sarà invischiato nella tortuosa controversia proprio sulla legittimità dell’assegnazione del lascito. Come racconterà Marta Marzotto, legata per 20 anni sentimentalmente a Guttuso (nella foto, particolare, i due insieme) facendo fede sull’ultima lettera dell’artista, a lei indirizzata clandestinamente -nel periodo antecedente al decesso, Guttuso era circondato da un vero e proprio cordone sanitario e non poteva né telefonare, né scrivere, né comunicare con l’esterno- e avuta per il tramite del portiere Aldo Torroni ed inviata alla procura della Repubblica di Roma.

Nella missiva Guttuso chiedeva insistentemente la presenza della Marzotto al suo capezzale, paventava i dubbi sulla spinta verso il cristianesimo e le paure nei confronti delle “carte” che Carapezza e non solo, volessero fargli firmare, approfittando del momento di debolezza.