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18 NOVEMBRE

Oggi, ma nel 1939, a Roma, nella reale Accademia d’Italia, nella Villa Farnesina, sede della massima istituzione culturale del Belpaese, fondata da Benito Mussolini il 28 ottobre 1929, sotto la presidenza di Luigi Federzoni, già presidente del Senato, lo storico del diritto Arrigo Solmi, ex ministro di Grazia e giustizia fino al 12 luglio precedente, commemorava lo storico Michelangelo Schipa, morto a Napoli il 4 ottobre precedente, che nel 1925, era stato uno dei firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto dal filosofo di Pescasseroli Benedetto Croce.

Documento che si contrapponeva al Manifesto degli intellettuali fascisti, promosso dal filosofo in orbace Giovanni Gentile. La cerimonia era, in qualche modo, una grande apertura di credito che il fascismo tributava verso il lavoro di Schipa, che si era distinto prevalentemente per l’analisi storica del Mezzogiorno italiano, per lo studio delle vicende inerenti il regno di Napoli, per l’approfondimento della controversa figura di Masaniello, per aver curato la versione tricolore, con traduzione propria, del volume di Ferdinard Hirsch intitolato “Il ducato di Benevento, sino alla caduta del regno longobardo: contributo alla storia dell’Italia meridionale nel medio evo”, che era stato pubblicato dall’editore Roux di Torino, nel 1890.

Schipa era, dal 1926, socio dell’Accademia nazionale dei Lincei, fondata nell’ Urbe, da Federico Cesi nel 1603, che, con la legge numero 755 di quel 1939, aveva conferito il proprio patrimonio materiale e immateriale neonata alla reale Accademia d’Italia. Pertanto gli accademici dei Lincei erano stati inseriti nell’organico della reale Accademia d’Italia quali semplici soci aggregati. Schipa, che non aveva mai fatto mistero della propria avversione contro il regime, era stato tra l’altro, con il già menzionato Croce, fondatore nel 1890, del rinomato cenacolo Società dei nove musi (nella foto, particolare, i componenti del consesso, Schipa il primo in piedi a sinistra, con i baffoni a manubrio). Del sodalizio culturale sorto nei locali della libreria di Luigi Pierro, al civico 72 di piazza Dante, a Napoli, avevano fatto parte anche: Onorato Fava, Francesco Saverio Nitti, Francesco Cimino, Michele Ricciardi, Vittorio Spinazzola, Vittorio Pica e Carlo Petitti. Poi i “Musi” erano diventati 10 con l’arrivo dello scrittore Giuseppe Ceci.