TODAY

22 marzo

Oggi, ma nel 1959, a Forno di Zoldo, in provincia di Belluno, si staccava per cause naturali la frana da 3 milioni di metri cubi di detriti dalle falde del monte Castellin, alto 1580 metri, sulla sponda sinistra del lago di Pontesei. La roccia mista a fango finendo in acqua, a 807 metri sul livello del mare, alzava l'onda che uccideva l'operaio Arcangelo Tiziani, classe 1907, che si stava occupando della costruzione della centrale idroelettrica a valle della diga di Pontesei (nella foto), realizzata tra il 1955 e il 1957. Il cadavere non verrà mai ritrovato, ma il suo sacrificio verrà ricordato da una targa apposta dalla famiglia. Nonostante il livello dell'acqua della diga fosse di 13 metri sotto la linea massima la mole di pietre e terriccio riusciva a far alzare un'ondata oltre le paratie stagne e al di sopra delle protezioni di cemento. L'incidente in quel tratto della Val Zoldana, lungo il fiume Maè, preannunciato da crepitii e crepe ben visibili (ma sottovalutate) verrà considerato precursore del più drammatico disastro della diga del Vajont che allora era in fabbricazione. Il bacino del Vajont collasserà il 9 ottobre 1963 e causerà 1917 vittime e 1300 dispersi. L'associazione tra Pontesei e Vajont avverrà anche per la distanza, circa 13 chilometri, tra la prima diga e Longarone, l'abitato che verrà maggiormente devastato dalla furia del Vajont e la cui tragedia verrà raccontata soprattutto da Clementina "Tina" Merlin sulle pagine dell'Unità.