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23 APRILE

Oggi, ma nel 1945, a Treuenbrietzen, in Germania, nella cava di nickel vicina al lager nazista, venivano fucilati dai tedeschi 127 internati militari italiani. I morti sarebbero stati 130 (nella foto, particolare, il monumento ai caduti tricolore nel cimitero d’onore berlinese di Zehlendorf), ma tre “imi” riuscivano a salvarsi, coperti dai cadaveri, e liberati dall’Armata rossa. I sopravvissuti erano: Edo Magnalardo, Germano Cappelli e Antonio Ceseri. Quest’ultimo, passerà a miglior vita, il 18 dicembre 2017, a Firenze, a 93 anni. La mattanza della Wehrmacht verrà alla luce solo mezzo secolo dopo, come ricorderà quando sarà intervistato, da Riccardo Michelucci, per il quotidiano d’ispirazione cattolica, “Avvenire”, il 26 settembre 2016. Ceseri, classe 1924, fiorentino, aveva ventuno anni il 22 aprile di quel 1945. Fuciliere di Marina, arruolato a 18 anni, nel 1942, era stato di stanza prima a Pola e poi a Venezia. Dopo l’8 settembre 1943 aveva rifiutato di aderire alla Repubblica sociale italiana. E per quel motivo era stato deportato nel campo di prigionia e lavoro posto a 66 chilometri a nord di Berlino. Lì era insieme ad altri malcapitati, 5mila in tutto, impegnati nello stabilimento di produzione di munizioni per pistole e fucili Metawarren Fabrik. L’esecuzione dei reclusi era stata decisa, il 21 aprile precedente, in concomitanza con l’arrivo del primo contingente da 400 soldati russi, armati fino ai denti. Tutta la vicenda verrà raccontata nel volume di Patrizia Donà, nipote di Aurelio Donola, tra le vittime, intitolato “Memorie di una strage. Treuenbrietzen 23 aprile 1945”, che sarà pubblicato da Es Editrice storica, di Treviso, nel 2012.