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28 OTTOBRE

Oggi, ma nel 1965, nella Città del Vaticano, Papa Paolo VI, nel giorno della pubblicazione della dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, “Nostra aetate”, aboliva il culto del beato Simonino da Trento. Simone Lomferdorm (nella foto, particolare, il dipinto, su tavola centinata, a tempera, di 305x196x7 centimetri, di Pietro Martino, risalente al 1607, conservato nella Galleria nazionale dell’Umbria/Monastero di Santa Caterina, di Perugia) era un bambino, di 3 anni, erroneamente ritenuto martire di omicidio rituale, perpetrato dalla comunità ebraica trentina, il 23 marzo 1475, finalizzato dalla raccolta di sangue innocente per impastare il pane azzimo per la Pasqua ebraica.

La presunta vittima era sparita, misteriosamente, tra i vicoli di Trento, il 23 marzo 1475, e il corpo senza vita era stato rinvenuto, tre giorni dopo, il 26 marzo, adiacente l’abitazione di una famiglia ebraica della città. Gli ebrei, presumibilmente coinvolti, erano stati arrestati, torturati, condannati a morte e giustiziati sulla base di un pregiudizio, per ordine del principe vescovo di Trento, Johannes Hinderbach. Il Santo padre Sisto IV aveva inizialmente vietato il culto di Simonino, ma poi era stato beatificato, nel 1588, a Roma, dal successore di San Pietro Sisto V. Era diventato patrono dei bambini e più in generale dei piccoli vittime di rapimenti e di torture. Il 22 febbraio 1755, la bolla papale “Beatus Andreas”, di Benedetto XIV, aveva ribadito la validità del pubblico culto di Simonino, giovane testimone della fede, dai giudei in odio al credo   in Cristo.

La “svolta” del Simonino, ovvero il cambiamento di atteggiamento del Vaticano nei riguardi della controversa vicenda, era stata coordinata da monsignor Iginio Roger e dall’arcivescovo tridentino Alessandro Maria Gottardi. Tali polemiche, dal 1965, verranno riprese nel 2007, con la pubblicazione, da parte della casa editrice bolognese Il Mulino, del saggio intitolato “Pasque di sangue”, di Ariel Toaff.