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3 Aprile

Oggi, ma nel 1944, a Roma, a Forte Bravetta, veniva fucilato da 12 militari della polizia dell'Africa italiana don Giuseppe Morosini. Classe 1913, di Ferentino, sacerdote della congregazione dei signori della missione o lazzaristi dal 1937, era stato processato e condannato a morte per attività partigiana dal tribunale tedesco dell'Urbe, il 22 febbraio precedente. Era in collegamento con la banda Fulvi, di Monte Mario, comandata del tenente dell'esercito Fulvio Mosconi e dipendente da Giuseppe Lanza Cordero di Montezemolo del Fronte militare clandestino. Don Morosini (nella foto, del 1942) era stato arrestato dalle ss naziste il 4 gennaio precedente. Nell'esecuzione, dopo la benedizione del vescovo Luigi Traglia, lo stesso che lo aveva ordinato sacerdote, Morosini a sua volta aveva benedetto il plotone d'esecuzione chiedendo a Dio per loro il perdono. Dieci componenti della Pai avevano sparato in aria perché non se la sentivano di colpire il prete, altri due lo avevano ferito di striscio. Per giustiziarlo era dovuto intervenire un loro superiore, del quale non verrà rivelato il nome e il grado, che lo aveva freddato con due colpi di pistola alla testa, nonostante le insistenti pressioni del Vaticano per salvare il religioso. Dal 1941 al 1943, era stato cappellano militare del IV reggimento d'artiglieria di stanza a Laurana, nella provincia di Fiume italiana, poi era stato trasferito nella capitale ad assistere i ragazzi sfollati dalla guerra alloggiati nella scuola elementare Ermenegildo Pistelli. Era entrato a far parte della resistenza romana dopo l'8 settembre 1943 soprattutto svolgendo il ruolo di assistente spirituale anche se era stato accusato di spionaggio (di aver passato agli alleati copia della mappa del settore difensivo tedesco davanti a Cassino) e della fornitura di armi (una pistola era stata trovata nel Collegio Leoniano) ai partigiani. Per il suo sacrificio, il 15 febbraio 1945, verrà insignito della medaglia d'oro al valor militare.

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