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3 MAGGIO

Oggi, ma nel 1815, a Tolentino, in provincia di Macerata, con la vittoria dell’esercito austriaco, comandato dal generale Federico Bianchi, contro le truppe del regno di Napoli, capeggiate dal re Gioacchino Murat, si spezzava il sogno velleitario, di detenzione del regno delle sue Sicilie, del cognato di Napoleone, marito di Carolina Bonaparte, sorella minore dell’imperatore dei francesi. Il ritorno dei Borboni sul trono napoletano, con Ferdinando IV, verrà sancito con il trattato di Casalanza, del 20 maggio successivo, che sarà firmato, in agro di Pastorano, in quel di Caserta, tra Adam von Neiperg, per gli Asburgo, plenipotenziario di Bianchi, insieme a John Fane, XI conte di Westmorland, ministro di sua maestà britannica Giorgio III, alla corte di Toscana, sempre in favore dei vincitori. A rappresentare gli sconfitti, invece, ci sarà il generale Pietro Colletta, in funzione del comandante in capo, il parigrado Michele Carrascosa. I perdenti murattiani cedevano, contestualmente, gli arsenali e le piazzeforti del regno, salvo Gaeta, Pescara e Ancona. Il sovrano borbonico rientrerà all’ombra del Vesuvio, il 17 giugno di quel 1815. Murat (nella foto, particolare, “Ritratto equestre da re di Napoli", di Antoine-Jean-Baron Gros, olio su tela, di 3,43x2,8 metri, realizzato tra il 1808 e il 1812, custodito nel museo del Louvre di Parigi) dopo il proclama di Rimini del 12 maggio, retrodatato al 30 marzo, -con il quale rivolgeva appello agli “italiani” a rivoltarsi contro gli usurpatori stranieri- sarà costretto a riparare in Francia. Sosterà tra Grenoble e Sisteron, e, nonostante l’attesa, non sarà richiamato nell’armata transalpina da “N”.