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4 agosto

Oggi, ma nel 1859, a Parigi, la Corte costituzionale francese vietava totalmente l’uso della lingua italiana in Corsica proclamando di fatto quella transalpina quale unica lingua ufficiale nell’isola. Contestualmente venivano proibite le lingue diverse dal francese in tutta la Francia. La Corsica era stata annessa alla Francia in seguito alla battaglia di Ponte nuovo, del 9 maggio 1769, ma in realtà, da un punto di vista culturale e linguistico, era rimasta un’eccezione rispetto alla parte continentale della nazione. Era stato conservato l’uso del còrso quale lingua parlata nell’uso quotidiano con varie sfumature a seconda delle zone.

Mentre dal punto di vista burocratico ed amministrativo, sia in atti pubblici che in quelli privati, era perdurato l’uso dell’italiano (nella foto, particolare del buono, ricevuta di pagamento, datato 16 novembre 1834 con scritto “Io qui sottoscritto Don Pietro Saladini di Speloncato dichiaro di aver ricevuto dal signor Marcello Giudicelli, proprietario domiciliato e dimorante in Palasca, la somma di franchi mille seicento”, dall’archivio Corsica Oggi/Eric Beretti), già imposto dalla dominazione della Repubblica di Genova, dal 1401, e poi utilizzato pure nella breve esistenza della Repubblica Corsa di Pasquale Paoli, instaurata il 14 luglio 1755.

L’italiano era talmente radicato in Corsica, nei vari ceti sociali, che il decreto del 10 marzo 1805 aveva derogato, per assecondare la praticità, l’uso obbligatorio del francese imposto da Parigi. Alla base della decisione del 4 agosto 1859 vi erano non solo spinte nazionalistiche, molto sentite in Francia, ma anche la necessità di fare ordine una volta per tutte in un’isola dal passato piuttosto movimentato e dall’identità liquida. Ma anche timori politici non del tutto infondati. Il 12 luglio di quel 1859, infatti, si era conclusa la Campagna d’Italia di Napoleone III contro l’Austria, iniziata il 27 aprile precedente, a sostegno del Regno di Sardegna.

Così, verosimilmente, il divieto di utilizzo della lingua italiana e l’accelerazione al processo di assimilazione culturale di quella francese come obbligatoria erano stati dettati anche dai timori suscitati dalla scossa che la manovra napoleonica aveva inferto ai moti rivoluzionari italiani. Il cui fermento si avvertiva eccome nella vicina Corsica, da sempre attraversata da periodiche ondate indipendentiste e da movimenti di rivendicazione dell’appartenenza al Belpaese. In sostanza a Parigi si temeva il pericolo, più presunto che reale, che anche la Corsica potesse finire col far parte del nascente Stato unitario di Vittorio Emanuele II.