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6 DICEMBRE

Oggi, ma nel 2000, a Roma, nel Chiostro del Bramante, veniva inaugurata la retrospettiva dedicata a Keith Haring, artista statunitense, morto di Aids, a 32 anni, a New York, il 16 febbraio 1990. L’allestimento, a disposizione dei visitatori fino al 28 febbraio 2001, era curato da Mirella Panepinto, critico d’arte che si era occupato anche del catalogo, da 123 pagine, pubblicato dalla Electa Mondadori, di Milano, nello stesso anno del “millenium bug”. L’arrivo nel Belpaese del ragazzo prodigio della street art (nella foto, particolare, in azione con il pennarello su vetro) non solo a stelle e strisce, risaliva al 1983. Il 2 giugno di quell’anno aveva proposto suoi lavori nella galleria di Lucio Amelio, a Napoli. Nell’ottobre ’83 le opere di Haring erano state mostrate anche a Milano, nella galleria di Salvatore Ala. Haring poi aveva impreziosito, con il suo tocco, lo stravagante negozio di Elio Fiorucci, nella città ambrosiana. Il 1984, dal 10 giugno al 9 settembre, aveva annoverato il graffitista originario di Reading, classe 1958, nella XLI Esposizione internazionale d’arte-Biennale di Venezia, curata da Maurizio Calvesi.

Del 1988 era il murale all’interno della casa di via Laghetto, sempre nel capoluogo lombardo. Il 16 giugno 1989 era stata la volta del dipinto realizzato sul muro del convento di Sant’Antonio a Pisa: i suoi bambini radioattivi avevano destato scalpore non solo nel centro toscano. Nel novembre 1991, dal 2 al 23, a meno di un anno dalla prematura dipartita terrena, Milano aveva omaggiato il pittore visionario dallo stile inconfondibile con la mostra nella galleria Steffanoni. A Bologna, tramite Francesca Alinovi, ricercatrice del Dams poi uccisa, il 12 giugno 1983, a 35 anni, presumibilmente dal pittore pescarese Francesco Ciancabilla, Haring aveva conosciuto il fumettista Andrea Pazienza. E nell’abitazione di quest’ultimo, in via Emilia Ponente 223, il writer Usa aveva realizzato e lasciato a Paz il disegnino di due coniglietti intenti ad annusarsi. Dopo il fatto di sangue, rimasto avvolto nel mistero, tra i casi più eclatanti della cronaca nera italica, Haring aveva dedicato la sua personale nello spazio espositivo Ala, proprio alla Alinovi.