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7 luglio

Oggi, ma nel 1973, a Faenza, in provincia di Ravenna, in piazza Martiri della libertà, Daniele Ortelli, di 18 anni, pregiudicato teppista faentino di simpatie neo-fasciste, uscito dal bar “Città”, uccideva a calci e pugni Adriano Salvini, contadino e bovaro di 41 anni, iscritto alla Federbraccianti della Cgil. La vittima aveva rimproverato il suo aguzzino mentre, precedentemente, stava danneggiando un’auto in sosta. Salvini morirà a seguito della rottura delle vertebre cervicali.

Ortelli, presumibilmente alterato dall’alcol, verrà arrestato (nella foto, particolare, l’articolo del quotidiano “Il Resto del Carlino”, del 9 luglio 1973, che dava conto dell’accaduto) poco dopo dai carabinieri. Era ben noto per il suo ruolo di picchiatore al servizio della sezione cittadina del Fronte della gioventù, l’organizzazione giovanile afferente al Movimento sociale italiano. Già precedenti pestaggi, avvenuti da parte della formazione locale di estrema destra, avevano allertato il comitato unitario permanente anti-fascista del posto. Faenza era considerata “l’isola bianca”, a prevalenza democristiana, all’interno della provincia “rossa” ravennate. Ma questo valeva nell’immediato secondo dopoguerra, quando il Partito comunista italiano, insieme al Partito socialista, era rimasto confinato all’opposizione.

A partire dal 1970, la distanza tra scudo crociato e falce e martello si era assottigliata. In quel 1973, il 18 e 19 novembre, nelle elezioni provinciali, il Pci, con il 48,35 per cento, aveva sorpassato la Dc, che aveva raccolto il 21,22, dando via libera al percorso che porterà all’insediamento della prima amministrazione “rossa”, in Municipio, con le comunali del 1975, e l’elezione a sindaco di Veniero Lombardi, che si insedierà il 1 settembre.

Nel mentre, il 1972 aveva segnato, a livello di Palazzo di città, lo sdoganamento dei missini: con la concessione della sala “Dante” per la conferenza sull’agricoltura, con conseguente crisi della giunta, del 10 febbraio 1972, causata dalle dimissioni degli esponenti del Garofano. Quel 7 luglio 1973, prima dell’assassinio di Salvini, il killer Ortelli aveva pesantemente malmenato il comunista Aldo Zoli, avventore del bar “Città”. Nella colluttazione era rimasto ferito anche Vincenzo Morelli, che aveva tentato di sedare la rissa. L’opinione pubblica di quel lembo dell’Emilia Romagna si spaccherà tra sostenitori del fatto di sangue da semplice cronaca nera e propugnatori del delitto quale preciso atto politico.