La mela avvelenata...

Se è vero che la salute passa dal rispetto dell'ambiente, allora siamo spacciati.

 

Ce lo raccontiamo ogni giorno, sappiamo quanto sia importante vivere in città con una buona qualità dell'aria, avere a disposizione mezzi pubblici e piste ciclabili, godere di parchi alberati, fiumi e mari puliti, mangiare verdure senza pesticidi e pesci privi di mercurio, bere acqua senza cloroformio. Ce lo raccontiamo, appunto.

 

La realtà è fatta sempre di dati sulla qualità dell'aria mediocri, al massimo accettabili. Città intasate dal traffico, fabbriche che ottengono permessi a maggiori emissioni sulla base di qualche cavillo, commissioni ambientali che servono solo a distribuire gettoni di presenza ai consiglieri. Diciamoci la verità, siamo abituati a tutto questo. Ma anche l'assuefazione ha un limite, e in questi giorni ci sono un paio di notizie che dovrebbero risvegliarci dal torpore.

 

Una di queste è il caso Bussi. Dal 2007 sappiamo che enormi quantità di rifiuti tossici, si parla di circa 2 milioni di tonnellate, sono state accatastate dalla Montedison sulle falde acquifere, tra i fiumi Pescara e Tirino. L'acqua dei rubinetti è stata avvelenata per decenni. La stessa acqua con cui i vostri figli si sono lavati i denti ogni sera. Lo sappiamo, e ce ne siamo fatti una ragione, come solo gli abruzzesi sanno fare. Prima di noi cittadini, lo sapevano i vertici degli enti predisposti Aca e Ato, lo sapevano la Regione, l'Asl, l'Arta, immagino lo sapessero sindaci e assessori, dirigenti e portaborse. Ma nessuno ha detto niente. Se non fosse stato per un manipolo di cittadini e ambientalisti (che sono stati minacciati dai “controllori” delle acque), per il lavoro della Forestale e la caparbietà di un politico (e dico uno) staremmo ancora a cuocere gli spaghetti nell'acqua al tetracloroetilene. Oggi possiamo dire di avere la più grande discarica di rifiuti pericolosi di tutta Europa, incastonata tra le verdi montagne abruzzesi. E' successo direte voi, non capiterà più.

 

E invece sta capitando di nuovo, in queste ore. Capita che siamo tutti un po' distratti mentre la Regione firma un accordo col consorzio Ecocarbon, per bruciare gli scarti delle produzioni industriali e i rifiuti “non intercettati dalla raccolta differenziata” nei cementifici e nelle centrali termiche. Anche questa volta, un primato dell'Abruzzo che batte sul tempo le altre regioni che ci stanno ancora pensando. “Dare seguito al controverso decreto Clini che permette di bruciare il combustibile solido secondario (Css) sotto casa, o no?”. “Trasformare i cementifici in inceneritori, sì o no?”. Mentre gli altri pensano, la Regione Abruzzo agisce. E dice sì. A sostegno di questa decisione ci sono una serie di belle parole. “Il Css, in virtù del decreto Clini, è considerato a tutti gli effetti un prodotto combustibile e non più un rifiuto, certificato da un disciplinare di processo e prodotto, validato da un ente di controllo terzo”. E ancora, “è possibile utilizzare in piena sicurezza e in impianti termici già esistenti un combustibile dalle caratteristiche ben definite e controllate”.

 

La Regione Abruzzo, che negli anni del vergognoso silenzio sul caso Bussi, scriveva lettere agli enti invitandoli a “procedere con la massima cautela per evitare allarmismi nei cittadini”, oggi ci dice di "stare tranquilli perché gli scarti industriali bruciati nei forni dei cementifici non fanno male". Che dite, stiamo tranquilli?