La storia di Giulia che aveva deciso di vivere

Divano, rivista, relax. E poi arriva Giulia, occhi scuri e pelle candida, un sorriso appena accennato. Una foto che mi guarda dalle pagine del giornale che sto sfogliando distrattamente. La storia di Giulia non ha un lieto fine, ma quella stessa storia non mi permette di voltare pagina.

 

Tre anni fa, questa ragazzina di 17 anni è morta nel sonno, nella sua casa vicino a Genova. Soffriva di bulimia. Da una settimana era in lista di attesa per il ricovero in un centro specializzato di Vicenza, ma il suo cuore si è fermato prima. Arresto cardiaco dovuto a carenza di sali minerali. Giulia studiava al liceo classico, aveva voti alti, amava nuotare. Per anni ha negato la sua malattia, ha rifiutato il sostegno della famiglia, ma un giorno di marzo di tre anni fa ha deciso di farsi aiutare. Voleva vivere. E' questa la data da ricordare, non quella della sua morte. Quel giorno in cui Giulia si è resa conto che troppe cose stava perdendo, momenti di vita semplice da condividere con mamma e papà, con gli amici che c'erano e quelli che sarebbero arrivati. Perché per chi soffre di disturbi alimentari, ogni giorno è quello giusto per chiedere aiuto.

 

In medicina li chiamano così, “disturbi delle condotte alimentari”. Un nome dietro cui si cela una triste realtà: mezzo milione di donne si ammala ogni anno di anoressia e di bulimia, una su dieci muore, e ha un'età compresa tra i 12 e i 25 anni. In Abruzzo i casi sono in aumento, tanto che la Regione qualche mese fa ha decretato la costituzione di un Centro di coordinamento regionale specializzato nella diagnosi e nel trattamento di questi disturbi.

 

Per combatterli, l'approccio migliore è quello multidisciplinare, ma il primo passo rimane l'ammissione del problema, che può avere diverse sfaccettature. Nel caso di anoressia, chi ne soffre riduce il quantitativo di cibo e, nonostante l'eccessiva magrezza, continua a percepire il proprio corpo in modo sbagliato. Nel caso della bulimia nervosa, la persona unisce ai momenti di anoressia le abbuffate incontrollate. Poi si induce il vomito o prende lassativi per cercare di rimediare. Tra i disturbi delle condotte alimentari, è stata inserita anche la sindrome da alimentazione incontrollata: chi ne è affetto ha come unico pensiero quello di ingerire qualsiasi tipo di alimento per calmare le proprie ansie.

 

Per uscirne, l'unico modo è prendere consapevolezza del problema il prima possibile e accettare di essere aiutati. L'approccio curativo di ultima generazione mette insieme figure diverse: psichiatra, internista, psicologo e nutrizionista. E' quello che avviene nel Centro di malattie metaboliche e riabilitazione nutrizionale di Popoli (in provincia di Pescara) grazie a un protocollo d'intesa stretto con il Centro di salute mentale. Il metodo utilizzato include un percorso relazionale con le famiglie: sono il luogo reale e la vera risorsa del trattamento dei disturbi alimentari, in un rapporto di continua collaborazione con l'équipe medica.

 

Certo, stare qui a parlarne, seduta davanti al pc, fa sembrare le cose più facili di quello che sono. Posso solo immaginare quale strazio sia vedere il proprio figlio cadere in un buco nero fatto di fame e sofferenza. Il senso di impotenza, la rabbia. Quei conflitti continui che logorano chiunque, l'amore assoluto e la paura che fa tremare i polsi. Poi guardo la foto di Giulia, e penso che alla fine aveva deciso di vivere.