Aci, Genovese a giudizio

Il pm: non versò 203mila euro alla Regione. La difesa: soldi presi dalle banche

LANCIANO. Il versamento di una settimana di riscossione delle tasse automobilistiche pari a 203mila euro rastrellato dalla banca e quindi non finito nelle casse della Regione. Una polizza fideiussoria inutilizzabile perché l’assicurazione che la garantiva va in fallimento. La richiesta di un pagamento rateale o attraverso anche la vendita di due immobili negato dalla Regione che i 203mila euro li voleva tutti e subito, in contanti. Le leggi e un groviglio burocratico inestricabile portano così Domenico Genovese (nella foto), 66 anni ex calciatore del Lanciano e responsabile del settore giovanile rossonero, titolare della sede Aci frentana, a processo il prossimo 20 maggio2015 con l’accusa di peculato. La decisione è del Gup Marina Valente.

Per la Procura frentana “in qualità di titolare della delegazione Aci di Lanciano e quindi pubblico ufficiale, avrebbe omesso alle casse della Regione il versamento di 203.673 euro della riscossione delle tasse automobilistiche nella terza settimana di gennaio 2013”. L’imprenditore avrebbe versato come sempre nel conto della Regione le tasse automobilistiche tranne quelle della settimana tra il 21 e il 27 gennaio 2013, creando così l’ammanco. In realtà i soldi anche della terza settimana di gennaio Genovese li aveva versati, il problema è che li aveva rastrellati la banca per coprire un extra fido. Scoperto il problema, Genovese ha subito dato disponibilità alla Regione per il pagamento, versando 70mila euro in contanti, mettendo a disposizione 2 immobili e chiedendo la rateizzazione della restante somma dovuta . Ma la Regione ha rifiutato la proposta, volendo i soldi in contati, nonostante la cifra fosse di notevole entità.

Alla burocrazia si è poi sommata la sfortuna, visto che nel frattempo l’assicurazione che garantiva la fideiussione che aveva firmato l’ex calciatore su invito dell’Aci provinciale, era finita in liquidazione. «È una situazione paradossale», commenta l’avvocato difensore di Genovesi, Michele Di Toro, del foro di Lanciano, «che si discosta da quelle tipiche del peculato in cui c’è l’arricchimento personale perché in questo caso i soldi non sono finiti nelle tasche dell’imputato, né tanto meno in investimenti, ma attratti dalle banche per debiti pregressi. Inoltre qui c’è l’atteggiamento risarcitorio e collaborativo di Genovese nel continuare a pagare la Regione».

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