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Addio a D'Amario, il pugile amico di Rocky Marciano

Lutto per lo sport teatino: l'ultimo ko subito a 92 anni. Ecco la foto più bella di Mario D'Amario con il grande Marciano

CHIETI. Mario D'Amario se ne è andato lo scorso 22 maggio, a 92 anni: «L'unico ko che nella sua vita ha subito», dice il figlio Giustino, dopo aver calcato il ring per diversi anni ed essere stato un protagonista nel mondo del pugilato teatino, in campo e fuori. Quando Rocky Marciano, l'imbattuto campione mondiale dei mesi massimi, l'unico a lasciare imbattuto il pugilato venne a conoscere le sue radici, a Ripa Teatina, Mario era in prima linea, ed anche quando aveva lasciato l'attività agonistica era rimasto punto di riferimento per tanti giovani amanti della "nobile arte". Era un peso gallo, ed in questa categoria era stato più volte campione abruzzese tra i dilettanti, prima di passare professionista. E qui il ricordo va subito alle serate pugilistiche che venivano organizzate nel teatro Marrucino, con il ring piazzato sul palco. D'Amario su quel ring disputò memorabili incontri. Siamo alla fine degli anni 40, la città riprendeva a vivere dopo la guerra. Lo sport divenne per tanti giovani un modo per affermare se stessi e vincere le proprie battaglie di vita. La Civitella, allora adibita a campo sportivo, era davvero una grande palestra: lì Mario, nello spazio che c'era sotto la gradinata, aveva cominciato giovanissimo ad allenarsi come pugile. Era un vero atleta, con grande predisposizione allo sport. Indossò anche la maglia nero-verde del Chieti, in una occasione, che merita di essere ricordata. Mario era sempre presente alla Civitella, dove spesso si era esibito anche come calciatore. Fu così che l'allenatore del tempo Moretti, lo chiamò a giocare l'ultima partita del campionato di serie C , contro il Gubbio, schierandolo tra i difensori. Per la cronaca l'incontro finì 4 a 0 per il Chieti. L'allenatore Moretti cercò di convincerlo a lasciare la boxe, per giocare a calcio, ma non riuscì nell'intento. Quella apparizione, peraltro assai positiva, restò unica nella sua vita sportiva, ma per come è avvenuta fa capire come veniva inteso lo sport in quei non facili tempi, con quale spirito, quale passione, quale entusiasmo dai giovani del tempo e dagli stessi dirigenti. Niente più calcio, quindi, mentre nel pugilato continuò fino a 34 anni, quando l'8 aprile del 1956, giorno del suo matrimonio appese i guantoni al chiodo. Dal 1949 al 1979 aveva lavorato alla Celdit, l’ex cartiera, continuando a restare sempre vicino al pugilato e allo sport. Purtroppo negli ultimi tempi il male lo aveva costretto ad allontanarsi da quei luoghi. Anche la sua morte è passata nel silenzio, che con questa nota vogliamo rompere, in omaggio ad un uomo che merita di essere ricordato per l'esempio di vita che ci ha lasciato.