Alimonti, asta deserta: la prossima a fine mese

Non ci sono state offerte per acquisire il gruppo. Ora le vendite all’incanto: ci saranno ogni 15 giorni con una diminuzione del prezzo base del 10 % ogni volta

CHIETI. Va deserta anche la seconda asta per la vendita degli asset del gruppo Alimonti, 111 milioni stimati in immobili e attrezzature appartenute all’ex colosso italiano delle farine alimentari tra la zona industriale di Ortona, Guardiagrele e lo stabilimento della Romana macinazione nella Capitale.

Ieri pomeriggio allo studio notarile Plasmati, il commissario giudiziale Giancarlo Trinetti e i commissari liquidatori Gianni Di Battista e Remo Di Giacomo, hanno preso atto che nessuna offerta è pervenuta per rilevare la proprietà del patrimonio Alimonti dallo scorso dicembre in regime di concordato preventivo tra i creditori, procedura che ha evitato in extremis un fallimento facilmente pronosticabile dopo che nell’estate del 2012 lo stabilimento di Caldari aveva del tutto cessato la produzione. «Era l'ultima asta», spiega Di Battista, «a tenersi col prezzo fissato inizialmente, mentre già dalla prossima vigerà il primo ribasso del 10 per cento che verrà mantenuto costante fino alla settima e ultima fissata al 28 novembre, quando l'importo complessivo scenderà a 65 milioni di euro, oggi pari al valore del solo stabilimento ortonese. Si tratta quindi un'operazione», osserva il commissario liquidatore, «che detiene ancora buoni margini di riuscita». Alla eventuale apertura delle buste si ritorna il 30 settembre. A ottobre saranno identiche le scadenze, 16 e 30, mentre la penultima tornata si messa all'incanto si tiene l'11 novembre.

Entrato in funzione pochi anni fa e costruito secondo i più moderni criteri del settore, lo stabilimento di Ortona-Caldari è appetibile anche per il contesto di infrastrutture in cui si trova. Lo spiega Di Giacomo, che mette l’accento sul «collegamento diretto via rotaia con il porto marittimo di Ortona, una linea che il Comune, con il sindaco Vincenzo D'Ottavio presente l’altro ieri al tavolo regionale sulla vertenza Alimonti, e lo stesso sottosegretario regionale Camillo D’Alessandro si sono impegnati a mantenere aperta e tecnicamente a regime in vista della ripresa della produzione. Un collegamento», annota il commissario, «che rappresenta un indubbio valore aggiunto in termini di logistica, e che un eventuale acquirente dovrebbe considerare».

L’esito dell’asta di ieri mantiene a terra l’ottimismo dei sindacati. Il segretario regionale di Fai-Cisl, Franco Pescara, commenta che «in fondo c’era da aspettarselo, ma se non possiamo parlare di campana a morto per la conservazione del posto di lavoro, non c’è neanche spazio per l’allegria sul futuro occupazionale dei 50 dipendenti. La speranza è che l’operazione si chiuda positivamente in una delle ultime aste, quando il controvalore richiesto rappresenterà una frazione del prezzo pieno delle prime due aste». Il pessimismo di Pescara è giustificato anche dall’unica comunicazione della famiglia Alimonti fatta pervenire ai commissari. «Hanno fatto sapere», annota il sindacalista, «che il 27 settembre, quando scadrà anche l’ultima tranche di cassa integrazione straordinaria, loro saranno costretti a far partire la procedura di mobilità. Per questo puntiamo a un’ulteriore proroga prima di quel termine».

Dalla Flai-Cgil a parlare il rappresentante sindacale aziendale Adriatik Dyrmishi. «A noi dipendenti, tra impiegati, operai a autisti, interessa solo il ritorno al lavoro, non importa chi siano i titolari della fabbrica alla fine delle procedure previste dal concordato preventivo. Ci interessa», aggiunge, «la proroga della cassa integrazione».

Francesco Blasi

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