Asta truccata, tre a giudizio

Imputati i nuovi proprietari di una casa e il tecnico del tribunale

CHIETI. Sono riusciti ad aggiudicarsi «con mezzi fraudolenti» e con la complicità del consulente nominato dal tribunale una casa in contrada Casale a Ripa Teatina comprata all'asta a un prezzo inferiore al reale. Vittima un agricoltore di Ripa. Ma sono stati rinviati a giudizio per turbativa d'asta.

La decisione è del Gip del tribunale Paolo Di Geronimo che ha accolto la richiesta del procuratore capo Pietro Mennini. Davanti al giudice, in autunno, dovranno presentarsi Daniele Ferrante di Scafa, 52 anni, il consulente nominato dal giudice dell'esecuzione; Alvaro Di Primio di Chieti, 62 anni, e Giancarlo De Virigiliis, 67 anni di Francavilla.

L'agricoltore che ha combattuto con tenacia e forza per quattro anni contro quella che ha sempre ritenuto un'ingiustizia è Roberto Angelucci. Dal 2007 ogni volta che gli ufficiali giudiziari si presentavano, lui e la sua famiglia si opponevano con forza allo sfratto. In una occasione il figlio salì sul tetto della abitazione, provocando l'arrivo dei carabinieri. Comportamenti che sospendevano sì la procedura di sfratto ma che sono costati alla famiglia Angelucci anche delle denunce penali. Difeso dall'avvocato Roberto Di Loreto, dopo due archiviazioni contro gli attuali imputati per turbativa d'asta, Angelucci alla fine riesce a far riaprire le indagini e a ottenere che il caso della «vendita truccata» venga discusso davanti al giudice.

I fatti. Angelucci, agricoltore di Ripa Teatina, qualche anno fa si ritrovò in difficoltà economiche. La sua casa finì all'asta. E venne aggiudicata a Di Primio e De Virgiliis in base a una consulenza che ne certificasse il valore e per la quale il giudice dell'esecuzione incaricò Ferrante. La casa venne venduta regolarmente ma a un prezzo, secondo Angelucci, molto inferiore a quello reale. L'agricoltore denunciò i fatti, e solo dopo due archiviazioni il caso è finito sul tavolo del procuratore capo Mennini che con l'aiuto di un consulente è riuscito a strecciare la complessa matassa. Secondo l'accusa, Ferrante avrebbe sostenuto che il capannone, annesso alla casa, non avesse documenti urbanistici e che di conseguenza fosse necessario avviare la procedura per ottenere la concessione in sanatoria. Il fatto agli occhi degli inquirenti si rivelò falso, perché la costruzione era regolarmente autorizzata dal Comune di Ripa e questo Ferrante avrebbe dovuto saperlo in quanto fu proprio il geometra De Virgiliis, uno dei nuovi proprietari, che all'epoca venne incaricato dallo stesso Angelucci, quale tecnico progettista del capannone, a chiedere la concessione a costruire. Ma la falsa necessità di ottenere la sanatoria non serviva ad altro che deprezzare la casa. Fine ancor di più raggiunto anche perché Ferrante, sempre secondo la procura, dichiarò superfici dell'immobile inferiori a quelle reali.

I proprietari Di Primio e De Virgiliis invece, leggendo l'imputazione, «portavano a termine il progetto criminoso, completando l'iter della fittizia istanza di permesso a costruire in sanatoria redigendo e presentando al Comune di Ripa una falsa ricevuta postale di versamento». Il bollettino aveva come causale di versamento «saldo oblazione comune di Ripa contrada Casale». Ma il consulente della procura ha accertato che quel versamento era solo di 50 euro e su un conto corrente diverso da quello riservato alle oblazione per abuso edizilio.

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