<strong>Scontri Roma-Inter.</strong> Parla uno dei due diciannovenni di Gessopalena finiti in manette dopo la finale di Coppa Italia

«Botte e arresti, è stato un incubo»

Emanuele De Gregorio racconta la sua verità sull'arresto e i nove giorni in carcere

LANCIANO. «Prendevano la gente per strada, la picchiavano e la caricavano sui cellulari. A noi è andata bene: almeno non ci hanno menato». A parlare è Emanuele De Gregorio, uno dei due ragazzi di Gessopalena arrestati lo scorso 5 maggio a Roma dopo la finale di Coppa Italia. Quella partita Emanuele non la dimenticherà mai, e non per quanto visto dagli spalti dell'Olimpico. Per lui e per Stefano Carnesale, entrambi studenti 19enni alla Sapienza, Roma-Inter segna l'inizio di un incubo. «Usciti dallo stadio, siamo andati verso la polizia per chiedere dove si trova la fermata del bus per tornare a casa, ma siamo stati fermati e arrestati», racconta De Gregorio.

«Avevo appena raccolto per terra un'asta porta bandiera in plastica e ci ho giocato per una decina di metri. Penso che sia stata questa ingenuità a creare un equivoco che ci è costato nove giorni di cella a Regina coeli».  Di equivoco hanno da subito parlato i suoi due avvocati, Andrea Cerrone e Silvio Rustignoli. Dopo la battaglia legale, fatta prima per la scarcerazione, poi per revocare i domiciliari, anche il tribunale del Riesame, il 21 maggio scorso, ha dato ragione ai legali e ai due ragazzi.

Ora sono sottoposti all'obbligo di firma in caserma, provvedimento che, per il giudice, sarebbe dovuto essere il solo da adottare nei confronti dei due studenti.  Ma la battaglia legale non è finita e prosegue in cassazione con un ricorso contro la convalida dell'arresto e uno contro l'obbligo di firma. «Non possiamo fermarci», sottolinea Silvio Rustignoli, «Si tratta di fatti che non possono accadere e che potrebbero un giorno coinvolgere anche i nostri figli». Perché come Emanuele, uno sbarbatello mingherlino con la faccia da innocente, «anche altri potrebbero vivere un incubo per cose mai fatte».

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