Calzaturificio chiude per debiti il giudice riconosce: "Era in attivo"

Ex calzaturificio pressato dalle banche, il giudice gli riconosce un credito di 180 mila euro

CHIETI. Oppresso dalle banche, 40 operai rimandati a casa, un concordato preventivo per evitare l'onta del fallimento, ma alla fine, dopo 6 anni, è arrivato il riscatto per Rocco Di Pretoro, ammininistratore del Calzaturificio Card di Guardiagrele, sede a Poggiofiorito, con la prima sentenza del giudice di Chieti, Lucio Luccitti, che ha riconosciuto l'azienda addirittura creditrice di una banca per oltre 145 mila euro, più 35mila euro di rivaluzione monetaria.

Una somma che da sola basta, con un notevole avanzo, a pagare il trattamento di fine rapporto degli operai che ammonta a circa 106 mila euro. L'ex calzaturificio Card, azienda fiorente che fatturava 5 milioni di euro l'anno, a un certo punto della sua vita produttiva ha investito in titoli presso alcune banche. Dopo alcune operazioni gli istituti avrebbero conteggiato interessi passivi sul conto corrente ordinario dell'azienda che di fatto si è ritrovata ad accumulare un notevole debito.

A questo punto stretto dalla morsa dello «scoperto», Di Pretoro ha chiesto aiuto alla Sos utenti Abruzzo, con sede legale a Ortona, presieduta da Gennaro Baccile e ai suoi avvocati che hanno citato alcune banche. Dopo sei anni di battaglie legali, il giudice del tribunale di Chieti ha stabilito la restituzione degli interessi anatocistici (interessi sugli interessi ndr) e ultralegali con l'accertamento delle illegittimità, sino al 2000, di spese e commissioni di massimo scoperto. E azzerato tutti gli interessi provenienti dai conti anticipi Sbf (salvo buon fine) confluiti sul conto ordinario in assenza di prove documentali. «Nel corso della causa», dice il presidente di "Sosutenti" «il giudice ha respinto il riconoscimento del debito che la banca era riuscita a farsi sottoscrivere dal calzaturificio».

«Questa storia ha buttato discredito sulla nostra serietà», dice la figlia di Rocco Di Pretoro, «siamo passati per imprenditori poco seri di fronte agli operai, la industria ormai è chiusa e molta gente ha perso il lavoro ma almeno abbiamo riacquistato il nostro onore».

Lo stesso calzaturificio è stato seguito dalla Sosutenti per altre cause contro altre banche dove i periti del tribunale, con identiche relazioni a quella della sentenza già emanata, hanno accertato consistenti crediti anziché debiti per un totale di 1 milione di euro. «La restituzione del maltolto da parte delle banche», aggiunge Baccile, «non toglie l'amarezza degli imprenditori che hanno dovuto chiudere e liquidare le aziende su pressioni illegittime delle banche condannate a restituire i soldi invece che poterli pretendere. Peraltro», conclude Baccile, «non è azzardato affermare che la chiusura e la crisi di molte aziende, con la conseguente crescente disoccupazione, siano anche causa della resistenza delle banche a restituire il maltolto agli imprenditori, consapevoli tuttavia che la lentezza degli accertamenti giudiziari, mentre rovina imprese, dà respiro alle banche».

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