«Carcere, l’ex direttore risarcisca»

Telefonate del figlio fatte a una maga dall’istituto: i magistrati chiedono a Medugno 40mila euro

LANCIANO. «Ha danneggiato l’immagine della pubblica amministrazione». Con questa motivazione la sezione abruzzese della Corte dei conti ha condannato l’ex direttore del carcere di Lanciano, Bruno Medugno, 64 anni, a risarcire il ministero di Giustizia di 40mila euro. Medugno fu arrestato nel novembre 2004 nell’ambito dell’inchiesta “Game over” dei carabinieri, coordinata dal pm Rosaria Vecchi. Per lui le accuse andavano dall’abuso d’ufficio alla truffa, fino alla violenza privata e all’agevolazione del gioco d’azzardo (da alcune è stato assolto, altri reati sono prescritti).

All’inizio dell’anno la Procura regionale ha citato in giudizio Medugno, difeso dallo studio legale Romano, in seguito alla condanna definitiva per il reato di peculato, chiedendo il risarcimento per 40mila euro. La Cassazione aveva ridotto a due anni e sei mesi di reclusione la condanna in primo grado a cinque anni e sei mesi da parte del tribunale di Lanciano.

L’ex direttore della casa circondariale di Villa Stanazzo si era appropriato di piccole somme dalla cassa corrente dello spaccio del carcere e dalle apparecchiature videopoker da lui stesso fatte irregolarmente installare nel supercarcere. Attraverso i suoi legali, Medugno si era difeso affermando l’insufficienza della condanna penale per la determinazione del danno all’immagine e la sua quantificazione eccessiva, alla luce della reale entità della vicenda in cui era rimasto coinvolto (già la Corte di appello aveva ridotto la pena). Per la difesa, l’ex direttore avrebbe dovuto risarcire il Ministero per non più di 6mila euro, pari al doppio della somma necessaria al pagamento delle bollette telefoniche per le conversazioni tenute dal figlio di Medugno, che utilizzava il telefono del carcere per chiamare il numero speciale di una maga (in realtà furono scoperte telefonate per oltre 4mila euro).

Secondo la Corte dei conti, però, la qualifica di direttore del carcere al momento di commettere l’illecito e «il grave nocumento che la vicenda aveva arrecato all’amministrazione, a seguito dell’ampia risonanza data dai mezzi di comunicazione», anche per via dell’arresto del pubblico funzionario che, secondo i giudici, «ha operato in esatta antitesi al suo ruolo di capo della rieducazione dei detenuti», giustifica la richiesta della Procura. «Tali eventi ingenerano grave sfiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini, ancor più in tempi di crisi economica quando sono gravati da un’elevata pressione fiscale», conclude il collegio ritenendo condivisibile la misura del danno indicata dalla Procura regionale e rapportata alla retribuzione triennale annua lorda dell’ex direttore.

Stefania Sorge

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