Case di riposo Chieti, chiesto il processo per i soldi spariti alle pazienti

Prelevati 125mila euro dai libretti postali di cinque anziane. Due dipendenti sott’accusa per circonvenzione di incapaci

CHIETI. Rosina custodiva nel suo libreto postale 21.461 euro, Lauretta di soldi ne aveva risparmiati 53.900. Quando la polizia giudiziaria sequestrò i libretti, alla prima erano rimasti poco più di 4mila euro e alla seconda solo 2mila. Eppure nessuna delle due aveva spese nella casa di riposo di Piazza Garibaldi, ex Ipab, perché assistite a totale carico della Asl. Erano cinque i casi sospetti di libretti postali alleggeriti quando, nel marzo del 2014, Concezio Tilli, ex commissario degli Istituti Riuniti San Giovanni Battista, presentò un dettagliato esposto alla procura della Repubblica. A distanza di oltre due anni e mezzo da quel giorno, il procuratore, Lucia Anna Campo, ha chiesto il rinvio a giudizio per circonvenzione di incapace di due dipendenti dell’istituto, Patrizia Cavalli, 64 anni, originaria di Rieti ma residente a Chieti, e Marta Mantini, 57 anni di Chieti, difese entrambi dall’avvocato Placido Pelliccia.

La prima è coordinatrice infermieristica, la seconda è coordinatrice educatrice. L’accusa nei loro confronti è pesante ma deve passare al vaglio del gup, Antonella Redaelli, che ha fissato l’udienza preliminare per il 18 maggio del 2017. Praticamente tre anni dopo la denuncia di Tilli che, nominato dalla Regione commissario dell’ex Ipab nel mese di novembre del 2012, non impiegò molto tempo a capire che c’era qualcosa di poco chiaro sulla gestione dei libretti di risparmio delle anziane ospiti della casa di riposa. Molte di queste donne non hanno parenti che le vanno a trovare.

Alcune di loro vivono nell’istituto di piazza Garibaldi da quando erano ragazze. Come Rosina (i nomi che riportiamo sono di fantasia per tutelare l’identità delle presunte vittime) che, come scrive la procura, soffre di turbe del comportamento, ritardo mentale ed epilessia. Ricoverata nell’istituto fin dall’infanzia, e senza alcun legame e rapporto con la famiglia originaria, Rosina veniva accompagnata a prelevare somme di denaro dal libretto postale. Le facevano credere che quei soldi servivano per far fronte a spese personali. Ma dal 2011 al 2014, dal libretto risultarono prelevati 17mila euro. Troppi per un’anziana che in istituto non deve affrontare spese.

Anche Marietta è malata di un grave ritardo mentale. E anche lei aveva un bel gruzzolo alle Poste: 54,545 euro, frutto delle pensioni e delle pochissime spese da sostenere, se non per qualche capo d’abbigliamento o quei piccoli vezzi che una donna anziana e ricoverata in casa di riposo si concede una tantum. Ma da una verifica del primo settembre del 2014, nel suo libretto restavano 34.102 euro. All’appello mancavano 20.443 euro.

Andiamo avanti e troviamo la storia di Nannarella che non saprà mai come andrà a finire perché nel frattempo è morta dopo tanti anni vissuti nell’istituto per anziani. Nel libretto custodiva 81.419 euro. Di prelievo in prelievo le erano rimasti 54.655 euro. E’ possibile che Nannarella avesse speso oltre 26mila euro in piccoli sfizi, come una pettinessa o una saponetta profumata? Lo stesso discorso calza per Iole che di soldi ne aveva 39mila, ma gliene rimasero 30mila: 9mila euro in meno. Il quinto caso, quello di Lauretta, è particolare perché delle cinque donne è l’unica a pagare una retta mensile di 600 euro, la sua assistenza non è a carico della Asl. Agli atti dell’accusa risulta che i 54mila euro iniziali si erano ridotti a 7.230. E che questa somma era stata trasferita su un secondo libretto postale dove venivano versati altri 3.500 euro. Ma il 17 giugno del 2014 a Lauretta restavano solo 2mila euro. Torniamo a Tilli e ai suoi sospetti.

L’ex commissario scoprì che nessuna di questa donne aveva un tutor, nonostante fossero malate psichiche. Quindi ordinò di farsi portare tutti i liberti postali che erano custoditi in cassaforte. E scoprì una serie di prelievi di somme ingenti, fino a 7mila euro per volta, senza che ce ne fosse alcun bisogno. All’appello mancavano125.550 euro. Tilli non ha perso tempo: si è rivolto alla procura che ora chiede di processare le due dipendenti. Ma tocca al giudice decidere.