Atessa

Caso cinghiali, vertice in Provincia

Il consigliere Staniscia: problema causato dalle aree protette

ATESSA. È stato convocato per domani in Provincia un incontro con sindaci e amministratori sull’eccessiva presenza dei cinghiali, argomento tornato drammaticamente di attualità dopo l’uccisione nelle campagne Casalbordino di Gabriele Di Tullio, scambiato per un cinghiale da un cacciatore mentre era intento a raccogliere granturco. «Abbiamo convocato», afferma Giovanni Staniscia, consigliere provinciale delegato alla caccia e pesca, «un’ennesima riunione per aggirare gli ostacoli che demagogicamente s’interpongono alla soluzione del “problema cinghiale” sulla costa Teatina».

Nei giorni seguenti la tragedia di Casalbordino, sulla Provincia ci fu un tiro incrociato di Camillo D’Amico, capogruppo provinciale Pd e di Claudio Allegrino, coordinatore delle guardie venatorie del Wwf. «La speculazione politica non ha limiti, non si ferma nemmeno davanti alle tragedie umane», afferma Staniscia che aggiunge: «Il problema dei cinghiali lungo la costa, cioè in un territorio non vocato a questa specie, è dovuto a un solo fattore: il proliferare di aree protette, nelle quali la caccia è vietata e questi animali si riproducono a dismisura». Da queste aree sovrappopolate, i cinghiali si riverserebbero alla ricerca di cibo fin a ridosso dei centri abitati. «Allegrino», continua Staniscia, «non può dire che la presenza del cinghiale ha aumentato il numero dei cacciatori che “premono facilmente il grilletto”. Innanzitutto contesto il termine cacciatore: dalle mie parti si chiamano bracconieri che non hanno nulla da spartire con i veri cacciatori. Il consigliere D’Amico collabori con me per verificare l’utilità di queste aree protette e se i soldi pubblici erogati per la loro gestione siano spesi in maniera congrua».

Per Staniscia la soluzione era già stata trovata in una riunione prefettizia del settembre 2010. «Furono proposte battute mirate col metodo della braccata o girata all’interno delle aree protette, purtroppo la legislazione vigente e i dogmi della religione ambientalista non permettono nessun intervento da parte dell’uomo all’interno di queste aree ritenute come santuari inviolabili».

Matteo Del Nobile

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