Celenza, il sogno del villaggio-albergo

Il borgo vastese si converte al turismo: posti letto di qualità nelle case ristrutturate

CELENZA SUL TRIGNO. Le volte a botte con i mattoni a faccia vista. Più o meno come, all'indomani dell'Unità d'Italia, doveva presentarsi l'osteria-albergo di Luigi Di Pasquale, panettiere e pizzicagnolo. Finestre, travi e stipiti, invece, somiglieranno a quelli dell'albergo che Luigi Cieri, oste, governava sul corso principale. Le pietanze? Anche in questo caso come quelle di una volta nei tegami di terracotta, cucinate rigorosamente a fuoco lento dalle massaie del posto. Per la tecnologia, invece, bisogna rassegnarsi: a oltre 150 anni di distanza, Adsl, wi-fi, computer, teleriscaldamento e bagni raffinati, ossia le cosiddette comodità, non potrebbero mai reggere il confronto con lettere vergate a mano, telegrafo, caminetto e gabinetto alla turca. Letti in ferro battuto, lenzuola con i merletti e materassi di lana di pecora, quelli sì, fatti a mano.

A Celenza sul Trigno, 985 abitanti, 646 metri sul livello del mare, 22 chilometri quadrati di territorio in zona sismica 2, il futuro è il passato, il domani è ieri, ma la mente è quella dei comfort di Star Trek the next generation, un po' come sulla nave stellare Enterprise. Perché una volta restaurato, il centro storico diventerà un villaggio-albergo. Meglio: un albergo diffuso, come è avvenuto a Santo Stefano di Sessanio e come voleva trasformarsi Buonanotte, il borgo abbandonato di Montebello sul Sangro. Roba da turisti con i portafogli a venti scomparti e amanti del buon cibo, dell'aria pura per eliminare le tossine accumulate in città, relax tutt'intorno, passeggiate à go go, natura incontaminata, funghetti di qua e tartufi di là.

Qualche anno dopo l'Unità d'Italia in questo paese già sede di circondario e confermato come mandamento con tanto di ufficio del registro, agenzia delle imposte, pretura, carcere, nucleo della guardia nazionale, ufficio postale, ufficio telegrafico, monte frumentario e congregazione di carità, cantine e bettole per i popolani, casa di conversazione per i signori, il viavai dai vari servizi aveva creato un forte movimento di utenti con ovvie ripercussioni positive sulla ricchezza dei residenti. Se il reddito pro-capite in provincia di Chieti, considerata all'epoca la cenerentola d'Italia, ammontava a 8,36 lire, nel mandamento di Celenza quel dato saliva a 9,86 lire. Un botto di floridezza. Molti di quei servizi oggi sono spariti ed è impossibile pensare al loro ripristino. Ma non è detto che non si possa ripartire con le iniziative private, cominciando appunto dal turismo dove alla mano pubblica è chiesto di dare l'indirizzo politico e lo strumento amministrativo per portare a compimento scelte di rilancio del territorio.

E visto che oltre 400 abitazioni del centro storico, ossia almeno la metà del patrimonio urbanistico, sono seconde case in parte occupate in maniera saltuaria e altre in abbandono, ecco che l'idea della loro ristrutturazione per creare strutture ricettive può essere percorsa se associata al brand del territorio: il Trigno-Sinello.

Così in paese prende corpo il progetto del villaggio-albergo: una settantina di posti letto in stanze-alloggio da ricavare nelle vecchie case da ristrutturare e con 3-4 posti letto ciascuna, categoria quattro-cinque stelle. La storia recente parla di patrimonio edilizio distrutto al 37% nella Seconda guerra, quella che ha dato al borgo, scenario della battaglia del Trigno nel novembre 1943 con 26 civili morti e una quindicina di feriti, la Medaglia d'argento al merito civile: una delle aree più colpite dal conflitto.

«Siamo per lo sviluppo sostenibile e per il rispetto dell'ambiente», spiega il sindaco Andrea Venosini, 34 anni, geologo, «e l'albergo diffuso rientra in questo ampio tema che ci vede in testa nei progetti di energia rinnovabile con tutti gli edifici di proprietà comunale già dotati di pannelli fotovoltaici. Abbiamo due progetti in cantiere: la realizzazione di un parco avventura per il tempo libero», sottolinea Venosini, «all'uscita della fondovalle Trigno, nella zona del Vallone Vecchio, con 40 linee aeree di giochi sospesi tra gli alberi, passerelle, ponti e tunnel in modo da diversificare l'offerta turistica nel Vastese; il lancio della ricettività turistica, che oggi è niente, basata sul recupero del patrimonio edilizio di un centro storico che è ampio. Poiché stiamo rifacendo il piano regolatore», prosegue il sindaco, «prevediamo nuove opportunità di sviluppo per il paese, non espansive, non basate sul cemento armato ma sulle costruzioni di qualità investendo sull'esistente e restaurando ciò che c'è. Quindi lavorando su legno e pietra e con manodopera di nicchia. In questo piano vogliamo coinvolgere l'imprenditoria della zona», continua Venosini, «le banche, le società energetiche e mettere insieme i proprietari delle case in cooperativa, visto che per loro le seconde abitazioni rappresentano comunque un costo vivo tra Ici, energia elettrica e altro e che spesso non utilizzano. Dal centro storico i turisti possono muoversi in mountain-bike su piste ciclabili che portano al parco avventura e verso il sito di interesse comunitario vicino al fiume Trigno per il quale è necessario un piano di gestione; fare escursioni a piedi sui sentieri; partecipare alle arrampicate sulla roccia; assistere alle produzioni biologiche del territorio», conclude il primo cittadino.

Convinto della bontà di questa svolta esistenziale per il paese è anche l'assessore Antonio Antenucci, 31 anni. «Vengono a visitarci da Roma, da Napoli, perché l'ambiente è vivibile. Ma il turismo», sostiene Antenucci, «che è innanzitutto crescita culturale, resta una parola vuota se non ragioniamo in termini diversi. Spetta al Comune creare i presupposti per una svolta del genere ed è ciò che faremo avendo investito sulla politica energetica delle fonti rinnovabili che ci lancia nel comprensorio. Incontreremo presto i cittadini illustrando questo piano di rinascita per Celenza». La scommessa è partita.

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