il braccio di ferro

Chieti, bloccati gli stipendi dei docenti dell'Università D'Annunzio

Il primo effetto dello strappo rettore-Cda è devastante: tra le delibere non approvate c’è quella delle buste-paga

CHIETI. Stipendi e tredicesime congelati per decine di docenti dell'Università D'Annunzio. Un Natale al verde come quello dei metalmeccanici in mobilità per i prof dell'Ateneo di Chieti e Pescara. Il direttore generale, Filippo Del Vecchio, non ha dato ieri il via libera al pagamento previsto per oggi. Può sembrare una vendetta servita calda dal dg a 24 ore dal Cda dello strappo tra la maggioranza dei consiglieri e il rettore Carmine Di Ilio sull'avvio di un procedimento disciplinare nei confronti dello stesso Del Vecchio.

Ma non è una vendetta. Tra le decine di delibere che il Cda non ha approvato, perché i cinque si sono alzati e sono andati via per protesta contro il rettore che difende il suo dg, ce n'è anche una da cui dipendono gli adeguamenti degli stipendi, con relativi aumenti, per decine di docenti. Senza quella delibera gli stipendi restano bloccati in banca fino a che il consiglio d'amministrazione, in una nuova seduta, non approverà una variazione del bilancio del 2015. E' anche vero che il rettore Di Ilio potrebbe sanare tutto con un decreto d'urgenza, oppure che ai docenti sia comunque pagata la quota base dello stipendio, che corrisponde più o meno al cinquanta per cento di quanto dovuto. Ma il rettore, seguendo il dg, ha deciso di rinviare al prossimo Cda lo sblocco delle buste paga per evitare di finire nelle maglie della Corte dei Conti. E il prossimo Consiglio d'amministrazione sarà fissato subito dopo il Senato accademico del 21 dicembre. Il 22 dicembre, quindi, è il giorno clou della resa dei conti e degli stipendi. Ma se anche quel Cda dovesse finire con un nulla di fatto, il Natale dei docenti sarà d'austerità assoluta.

Non è così per il popolo dei dipendenti tecnici e amministrativi, quelli che da due anni combattono la battaglia dell'Ima negata, e che sotto l'albero – stando a indiscrezioni trapelate dalle stanze alte del rettorato – riceveranno insieme allo stipendio anche il tanto agognato fondo accessorio. Può sembrare davvero una vendetta contro i frondisti che chiedono di sottoporre Del Vecchio a indagine disciplinare e, in caso di esito infausto per il direttore più impopolare della storia dell'Ateneo, alla revoca del contratto rinnovato per altri 26 mesi. Se fosse una vendetta ci troveremmo di fronte a una decisione diabolica. Ma la situazione ha del grottesco perché, tecnicamente, a congelare gli stipendi è stata la scelta fatta da chi l'accusa. Alzandosi dalla sedia ed abbandonando la riunione, i cinque consiglieri, che si erano visti rispondere picche dal rettore sull'avvio del procedimento disciplinare, non hanno bloccato solo le buste paga ma tante altre delibere, alcune delle quali hanno una valenza enorme.

In cima alla lista c'è il bilancio di previsione del 2016 che contiene un piano triennale di appalti per un importo di 65 milioni di euro, roba che trasforma l'Ateneo da luogo di cultura in fabbrica del mattone? Per la sola ex caserma Bucciante, alla Villa Comunale, l'Università ha previsto un investimento di 7 milioni di euro. Ne è tramontato, nell'era degli archivi telematici, il progetto, con relativo appalto d'oro, di realizzare nel Campus un'enorme struttura che funga da contenitore per vent'anni e più di atti cartacei che ora sono custoditi in un capannone dietro al Ciapi. E che dire del milione e 200 mila euro di debiti nei confronti dei fornitori che attendono da due anni di essere pagati? Il rinvio del Cda di due giorni fa ha congelato anche l'apertura di nuovi corsi di laurea, come quello per designer. O l'avvio di master universitari e la regolarizzazione di ricercatori.

Ed oggi, alla luce dello strappo tra Cda e rettore, questo si fa forte dietro alle pesanti conseguenze determinate dalla protesta. Dagli stipendi bloccati, ai nuovi corsi di laurea sfumati, anche se la vera partita è quella del mattone, degli appalti milionari e delle relative progettazioni da cui è nato lo strappo. Del Vecchio è infatti sott'accusa per aver dirottato il grande affare della progettazione da una soluzione in house, cioè all'interno della D'Annunzio, per la precisione nei dipartimenti di Architettura e Ingeo, al Provveditorato delle Opere Pubbliche, disattendendo una delibera ad hoc approvata all'inizio dell'anno dal Cda che adesso ha mollato il rettore. Che però ribatte: «Non è vero che l'affidamento all'esterno ci farà spendere di più». Sarà vero?