Ciapi, mobilitazione contro la chiusura 

Il direttore Cacciagrano: «Nuovo scippo per la città. La soluzione per ripianare i debiti c’è». Dipendenti non pagati da 3 anni

CHIETI. L’ultimo bilancio dell’associazione Ciapi approvato dall’assemblea dei soci è quello del 2012: chiudeva con un perdita da 5.239.072 euro. La chiusura in perdita degli esercizi finanziari è continuata fino a oggi. Stessa situazione per la Fondazione Ciapi, la cui passività nel 2018 ammontava a 6.766.366 euro. Debiti su debiti che hanno convinto la Regione a decidere di cancellare il Ciapi, Centro internazionale addestramento professionale industria, nato a Chieti Scalo il 27 giugno 1968. Cinquantuno anni di storia con cui la nuova giunta regionale di Marco Marsilio non vuole più avere a che fare. E così ha deciso di portare avanti il progetto di «estinzione della Fondazione Ciapi» (nata il 5 gennaio 2001 a sostegno del centro di formazione) e di dare «parere positivo allo scioglimento dell’associazione Ciapi». La chiusura del Ciapi, però, prende le mosse già nella precedente amministrazione regionale di Luciano D’Alfonso, quando nel 2018, la giunta revoca l’accreditamento al centro di formazione e, a fine 2018, gli nega la personalità giuridica. Senza né l’uno né l’altra il Ciapi è ridotto a zero, perché non può più erogare corsi di formazione. Nella seduta di giunta regionale di lunedì scorso spunta così la delibera per l’estinzione della Fondazione e lo scioglimento dell’associazione. È una delibera “fuori sacco”, vale a dire a non prevista all’ordine del giorno e viene discussa in assenza di Mauro Febbo, l’assessore di riferimento del territorio che si è sempre battuto negli scorsi anni per evitare la chiusura del Ciapi. La coincidenza a qualcuno è sembrata un vero e proprio blitz, per assicurarsi in maniera indolore la fine di un centro ormai ridotto alla completa inattività. Febbo, però, preferisce parlare di uno «sgarbo istituzionale», pensando già a come tentare di salvare il salvabile. Compreso i 13 dipendenti superstiti, da tre anni e mezzo senza stipendio.
«È l’ennesimo scippo ai danni della città e del suo territorio», tuona il direttore del Ciapi, Paolo Cacciagrano, che punta il dito contro alcuni dirigenti della Regione: «Hanno sostenuto tesi non accettate dalla magistratura a cui si sono rivolti i dipendenti del Ciapi non pagati e ora temono per il futuro». Cacciagrano si riferisce, in particolare, ai due stanziamenti di 600mila euro approvati all’unanimità dal consiglio regionale ma mai materialmente erogati dai dirigenti dell’ente. Secondo il direttore i debiti con l’erario e i dipendenti ammontano a 3 milioni di euro. Debiti che potrebbero essere ancora ripianati. Cacciagrano propone due soluzioni: «Contrarre un mutuo, le cui rate andrebbero saldato con i due stanziamenti regionali da 600mila euro, e così pagare i dipendenti e transare con l’erario». Oppure: «Regionalizzare l’ente, passando i dipendenti alla Regione, così come aveva pensato l’ex assessore regionale alla formazione Marinella Sclocco, avviando un progetto poi bloccato dal fatto che la Regione si è trovata alle prese con il riassorbimento dei dipendenti delle Province». Ma il successore della Sclocco, il teramano Piero Fioretti, la vede diversamente.