Colle dell’Ara senza fogne

Università, ospedale e Villaggio, reflui nel fosso Sant’Antonio

CHIETI. Per fortuna che a Madonna delle Piane c’è il fosso Sant’Antonio. Un avvallamento che per decenni si è sostituito alla fogna portando a valle, sui terreni dello Scalo e nel dedalo di microcanali di scolo, migliaia di metri cubi di acque di scarico, tra quelle piovane e fognarie.
Una parte in dispersione anche nei pressi della linea Pescara-Roma, in via Custoza dove il fosso si arresta. Siamo tra Colle dell’Ara e via dei Vestini, dove negli anni 70 c’erano poche abitazioni rurali, mentre oggi è una zona completamente urbanizzata.

C’è l’Università, l’ospedale clinizzato, il Villaggio Mediterraneo e circa 300 abitazioni e, a valle, tra via Benedetto Croce e via Pescara vivono oltre 10 mila persone. A servizio dell’intera zona un solo tubo di scarico intasato che «entrava subito in crisi», spiegano i tecnici presenti al sopralluogo per di un nuovo collettore, «Un unico collegamento fognario fatto negli anni 60 dal Consorzio industriale Val Pescara a servizio di pochissime case», osserva l’ingegnere del Comune di Chieti Aldo Cicconetti.

Come sia potuto accadere che imponenti complessi urbanistici non abbiano avuto veri allacci fognari se non il «tubo della Val Pescara» e fosso Sant’Antonio, è davvero incredibile.
«Il tutto in caso di pioggia finisce in un canale a cielo aperto», precisa il direttore dei lavori della ditta Del Barolo che sta eseguendo alcune opere per allacciare il fosso alla fogna.
A parlare è il geometra Batman Di Tiglio, che precisa: «sì, mi chiamo davvero Batman», dice, «così mi hanno battezzato i miei».

Davanti al fosso, il direttore dei lavori del Comune, l’ingener Vincenzo Pagliari, il geometra Santonetti, l’ingegner Ciconetti e Batman Di Tiglio, allargano le braccia con sul viso una espressione dubbiosa e interrogativa. Non hanno molta voglia di parlare perchè la questione appare strana anche a loro. Stringono fogli, planimetrie, controllano le carte ma nessuno avanza spiegazioni particolari. L’ingegner Pagliari rompe il silenzio, «c’è da dire che tutto è cresciuto in fretta, più o meno negli ultimi 10-15 anni. Prima non c’era nulla».

Il geometra Batman Del Barolo dice la sua: «c’era il fosso che raccoglieva le acque, poi quando pioveva allora erano guai, ma per il resto il fosso andava bene. Ora ci sarà finalmente una fogna vera. Abbiamo sistemato il raccordo», precisa il tecnico mentre indica il pozzo dove scroscia una cascata d’acqua, «siamo a sei metri di profondità».
I lavori sono sospesi tra una parte e l’altra la massicciata ferroviaria. Per meglio comprendere la questione il cronista chiede di andare dalla parte dove il fosso Sant’Antonio si interrompe.

La delegazione si muove riattraversa la ferrovia. Un escavatore è all’opera un operaio sistema cumuli di terra. «Ecco questo il fosso», spiega l’assessore ai lavori pubblici del Comune di Chieti Luigi Febo, «ora abbiamo fatto un raccordo che passa sotto la ferrovia, dall’altra parte c’è un pozzetto e la fogna che prosegue fino al depuratore San Martino».

A far venire a galla l’intera questione, oltre ai continui allagamenti dello Scalo, di via Pescara e via Benedetto Croce, la realizzazione del nuovo sottopasso di piazza dei Vestini, nei pressi dell’antica chiesa di Madonna delle Piane e dell’Università d’Annunzio. Il sottopasso prima dell’inaugurazione un giorno di pioggia si è allagato in maniera preoccupante.

Si è scoperto che nel sottopasso refluivano le acque piovane, quelle del canale Sant’Antonio e anche quelle del tubo della Val Pescara che «andava in crisi». «Ecco la città che abbiamo trovato e che abbiamo dovuto rimettere in piedi», dice il sindaco Francesco Ricci che è candidato per il centrosinistra alle prossime elezioni comunali. Alla domanda se casomai la sua osservazione non sia una trovata elettoralistica puntualizza. «Purtroppo non lo è. C’è una intera zona dove le acque piovane, e quelle fognarie vanno sulla nuda terra. Come sia stato possibile? Non so spiegarmelo nemmeno io».