Il campus della d'Annunzio a Chieti

CHIETI

Concorsi da prof truccati, indagata docente di Geologia

Giuseppina Lavecchia nell’inchiesta sulle nomine di Catania. La replica: «Non ne so nulla, ero in commissione ma è stato tutto regolare». Il caso al consiglio di disciplina

CHIETI . Giuseppina Lavecchia, professore ordinario dell’ateneo di Chieti, è indagata nell’inchiesta aperta dalla procura di Catania sui concorsi truccati nelle università. In totale sono 66 le persone coinvolte. Il rettore di Catania, Francesco Basile, e 9 professori in servizio nell’ateneo siciliano sono stati sospesi su ordinanza del gip con le accuse di associazione per delinquere, corruzione e turbativa d’asta, mentre gli altri docenti risultano indagati a piede libero.

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«Cado dalle nuvole, non mi è stato notificato assolutamente nulla», dice in serata, al telefono, la professoressa Lavecchia, 64 anni, docente di geologia strutturale. «Qualche anno fa sono stata commissario a Catania in un concorso per assegnare un posto da ricercatore. Tutto venne fatto nella massima tranquillità e regolarità. A vincere fu un concorrente che aveva tantissimi titoli, persona che peraltro non conoscevo e con la quale non ho mai lavorato». Secondo le indagini portate avanti dai poliziotti della Digos di Catania, sono stati 27 i concorsi truccati in giro per gli atenei italiani: 17 per professore ordinario, 4 per professore associato e 6 per ricercatore. Ma accertamenti sono stati avviati anche su altre 97 procedure concorsuali, ritenute sospette. Nel fascicolo aperto sono indagati 40 professori dell’università di Catania e 20 degli atenei di Bologna, Cagliari, Catanzaro, Chieti, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona. Indagate anche altre sei persone a vario titolo collegate con l’ateneo siciliano. L’inchiesta ha svelato quella che gli investigatori hanno definito un’associazione a delinquere, che avrebbe avuto come capo il rettore Basile e di cui sarebbe stato promotore il suo predecessore, Giacomo Pignataro, finalizzata a commettere un numero indeterminato di reati per alterare il naturale esito dei bandi di concorso per il conferimento degli assegni, delle borse e dei dottorati di ricerca, per l’assunzione del personale tecnico-amministrativo, per la composizione degli organi statutari dell’ateneo, per l’assunzione e la progressione in carriera dei docenti. Il sistema, secondo gli investigatori, non sarebbe riferito solamente all’università etnea ma sarebbe esteso ad altri atenei italiani. Il provvedimento del gip - per il rettore ed i nove professori erano stati chiesti gli arresti domiciliari - è stato emesso sulla base di indagini svolte dal giugno del 2016 al marzo del 2018, partite da una querelle che c’era stata in precedenza tra un professore e l’ex rettore Pignataro e che riguardava una procedura amministrativa. Tutti i concorsi, secondo chi indaga, sarebbero stati organizzati prima, sulla base del vincitore. Il bando, stando sempre agli accertamenti, sarebbe stato costruito ad hoc attorno al vincitore, le pubblicazioni sarebbero state stabilite in base a quelle che lui aveva e l’ordine di chiamata sarebbe stato deciso in base alla possibilità di avere una persona invece che un’altra. Si sarebbero inoltre creati finti eventi culturali per poter pagare le trasferte ai commissari.

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