Cup regionale, la partita d’oro si riapre

Una sentenza rimette in corsa l’imprenditore teramano bloccato per un cavillo dal manager della Asl teatina Zavattaro

CHIETI. Vince l’appalto da 57 milioni di euro, il manager della Asl lo esclude, ma una sentenza lo rimette in corsa. Un colpo di scena riapre la partita sulla madre di tutte le gare della sanità abruzzese. Due mini condanne per evasione fiscale, cioè un cavillo, avevano obbligato il dg della Asl di Chieti, Francesco Zavattaro, a sospendere l’affidamento del controllo del Centro unico di prenotazione regionale alle imprese Nike di Teramo e Gesan di Caserta, rimettendo in pista la Cns Televento Manutencoop di Bologna arrivata seconda. Ma la partita dei 57 milioni per gestire i Cup delle Asl è troppo grossa. L’associazione temporanea di imprese Nike-Gesan, degli imprenditori Franco Rubini di Teramo e Pasquale Russo di Caserta, se l’era assicurata dopo aver superato due dei tre step della gara, vale a dire l’aggiudicazione provvisoria e la definitiva. Ma il terzo passaggio – la stipula del contratto – gli era stato fatale. La Asl di Chieti, che ha gestito la gara regionale, aveva dovuto verificare i requisiti principali dell’Ati, che vanno dal Durc (documento di regolarità contributiva), alla polizza di garanzia, al certificato penale. E quando la Asl teatina ha eseguito l’accesso agli atti del casellario giudiziario, ha scoperto condanne passate in giudicato da molti anni. Sono vicende vecchie, del 1996, ’97 e ’98, su importi bassi e con pene che, se paragonate alle mega evasioni fiscali, fanno sorridere. Ma l’Autorità di vigilanza, nel 2012, ha deciso di non fare più sconti sugli appalti pubblici: l’articolo 38 impone di escludere le imprese che omettono di dichiarare condanne in sede di presentazione in una gara.

Non importa gravità del reato ed entità della condanna: l’autorità di vigilanza punisce la reticenza. In questo caso non ci sono reati contro la pubblica amministrazione né associativi. Ma due condanne “oscurate” per mini evasione fiscale del teramano Rubini, hanno spinto Zavattaro ad autotutelarsi escludendo la vincitrice che però ricorre al Tar Pescara, come aveva già fatto la società arrivata seconda.

Ma prima dell’udienza di merito, fissata per il 6 marzo davanti al giudice Michele Eliantonio, che scioglierà l’enigma dell’appalto d’oro, che sposta verso la città del presidente, Gianni Chiodi, il baricentro della sanità abruzzese, spunta una sentenza del Consiglio di Stato. E Rubini torna in pista. La sentenza si basa sul principio del “falso innocuo”, cioè l’errore veniale. In altre parole, Rubini non è Riina: una mini evasione, di 18 anni fa, non può costargli così caro.

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