Due indagati per la morte sotto i ferri 

L’autopsia sul pensionato deceduto durante il cambio del pacemaker scopre una lesione causata dall’intervento: medici nei guai

CHIETI. Sono due gli indagati per la morte del pensionato di Rapino Angelo D’Alò, di 78 anni, che si era ricoverato nel reparto di Cardiologia per un intervento di sostituzione di pacemaker. Quello che doveva essere un intervento semplice, eseguito di routine, si è rivelato invece fatale.
Per il decesso, avvenuto lo scorso lunedì 8 gennaio, la famiglia, assistita dall’avvocato Tiziano Ferrante, si è rivolta alla procura. È stata avviata un’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Giuseppe Falasca che ha iscritto nel registro degli indagati due persone per omicidio colposo. Si tratta di un medico e di una specializzanda che hanno trattato direttamente il caso. Falasca ha inoltre affidato l’incarico al medico legale Cristian D’Ovidio di portare a termine un’autopsia sul corpo del settantottenne. Procedura che è stata compiuta ieri mattina dal professionista. La stessa Asl aveva ordinato un riscontro diagnostico (procedura interna che si attiva di fronte a casi di questo genere per finalità cliniche), riscontro che è stato bloccato proprio per permettere l’autopsia. «La causa della morte è stata ben identificata», dice D’Ovidio, «il decesso è dovuto a un tamponamento cardiaco da emopericardio massivo, dovuto a una lacerazione del ventricolo del cuore». Il tamponamento cardiaco si verifica nel momento in cui il cuore viene tamponato dal sangue che esce dall’organo e finisce tra il cuore stesso e il pericardio, che è la sacca che raccoglie il cuore.
«Mentre si stava ponendo il pacemaker», dice ancora il medico legale, «c’è stata una piccolissima lacerazione nel cuore che, in una persona che ha già molte problematiche, ha portato poi alla morte per tamponamento cardiaco». Il medico legale ha identificato l’area lesa e, dunque, appare certo che il problema si sia presentato nel momento in cui si stava sostituendo il vecchio pacemaker con il nuovo. Pare che i medici se ne siano accorti subito e abbiano immediatamente cercato di far fronte a questa complicanza mettendo in atto una tecnica che si chiama pericardiocentesi, una procedura medica di emergenza che consiste nella rimozione di liquido presente in eccesso nel cavo pericardico. Ma anche questa manovra corretta non è stata sufficiente per salvare la vita al signor D’Alò.
Sarà ora compito di D’Ovidio studiare a fondo il caso per rimettere una relazione con le conclusioni dell’operato dei medici di Cardiologia. (a.i.)
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