Due morti per l’amianto, processo riaperto

Ex Svoa, per la Cassazione il reato non è ancora prescritto. Accusati due ex dirigenti dell’azienda

VASTO. Il reato non è prescritto, come aveva erroneamente ritenuto il giudice di primo grado, di conseguenza il processo dovrà essere nuovamente celebrato. Punto e a capo per la vicenda giudiziaria che vede imputati due dirigenti della ex Svoa, l’azienda di Punta Penna dismessa nel 1993 e riconvertita in Fox Petroli per la produzione di biodiesel. Luigi Sparaco e Francesco Sgorbati, manager che si sono avvicendati alla guida della società di olii alimentari nell’arco di tredici anni (dal 1980 al 1993), dovranno comparire davanti al tribunale di Vasto l’11 giugno per il reato di omicidio colposo commesso con la violazione delle norme per la prevenzione sul lavoro. Lo ha deciso la Corte di Cassazione che ha annullato la sentenza emessa nel 2011 dal giudice Giovanni Falcione e con la quale era stato dichiarato il non doversi procedere essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione.

La suprema Corte ha in pratica accolto la tesi difensiva sostenuta dagli avvocati di parte civile, Edi Biasone e Luigi Pignatelli che rappresentano gli eredi (vedove e figli) dei lavoratori deceduti in seguito alla prolungata esposizione all’amianto. Per i due legali, che hanno sollevato il problema della erronea dichiarazione di estinzione da parte del giudice di primo grado, il reato non si sarebbe prescritto prima del 2017. Per i familiari dei due operai morti nel 2002 per patologie correlate alla lunga esposizione all’amianto si riapre quindi una dolorosa vicenda che pensavano fosse definitivamente archiviata. Partita in seguito ad una denuncia del Coordinamento esposti amianto formata da ex operai Svoa, l’inchiesta ha portato alla luce la presenza della sostanza killer disseminata nei 3.200 metri quadri dello stabilimento di Punta Penna prima che la nuova proprietà intervenisse con una radicale operazione di bonifica. Sono state rinvenuti lastre in cemento amianto nelle coperture dei capannoni, fogli di amiantite all'interno dello stabilimento e lastre di eternit negli impianti e nel sottosuolo. Insomma, per anni una bomba è stata innescata nella zona industriale di Punta Penna. Le perizie tecniche e gli accertamenti disposti dalla Procura avevano anche acclarato il nesso di causalità tra le morti e la prolungata esposizione all’amianto, fibra responsabile di gravi patologie dell’apparato respiratorio (asbestosi e carcinoma polmonare) e delle membrane sierose (mesotoliomi).

Anna Bontempo

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