Ecco la casa dei disperati con i letti nel degrado 

L’edificio invaso dalla sporcizia a un passo dalla delegazione di piazza Carafa Gli sgomberi non bastano: ci sono anche cucine con bombole di gas e pasta

CHIETI. Niente più lucchetti sul cancello d’ingresso. Il segno è chiaro: i disperati sono tornati alle ex Poste, l’edificio abbandonato di piazza Carafa, in cerca di una casa. Ieri mattina ci siamo andati anche noi e abbiamo avuto la conferma che qualcuno è tornato a vivere lì, nonostante lo sgombero della polizia municipale avvenuto a settembre scorso, quando sono state murate le finestre, inchiodate travi alle porte e messo lucchetti dappertutto. Il modo per rientrare, però, si trova sempre. Il vetro rotto di due finestre non murate a pian terreno facilita il compito. Una parte dell’edificio, quella che dà sulla scuola adiacente, è quasi del tutto vuota, anche se c’è qualche traccia del passaggio di qualcuno. Nell’altra parte, invece, evidentemente più tranquilla e al riparo da occhi indiscreti, c’è una sorta di accampamento con dentro di tutto. E poco importa che la struttura sia cadente e abbia pareti e soffitti sfondati, non c’è dubbio che lì vi abita qualcuno. Appena si entra c’è una sorta di vecchio lavandino senza più rubinetti, tanto è vero che vi sono appoggiati sopra tre bottiglie piene d’acqua, un flacone di sapone liquido, una confezione di detersivo e delle spugne. Accanto al lavandino c’è una specie di mini stanza da letto, con un materasso, delle coperte, una cassetta di plastica a mo’ di comodino e altri effetti personali. Visto che la stanza non ha porte, all’ingresso c’è una specie di grossa tenda bianca che probabilmente serve a tutelare la privacy notturna del suo occupante. Continuando a camminare si scopre un grosso salone dove c’è di tutto. Un ammasso di vestiti, suppellettili e altre cose di dubbia provenienza. Si vede una rete di metallo, un materasso, alcune sedie, ombrelli, flaconi, secchi, scatole, stendini, secchi dell’immondizia rovesciati a terra e persino un ombrellone da spiaggia aperto. L’attenzione cade su una pentola per cucinare e uno scolapasta appesi, forse per preservarli dal caos dell’ambiente. In un angolo si vede un’altra pentola con vicino delle confezioni di pasta e moltissimi barattoli pieni di cibo. In un altro angolo all’aperto, a causa del tetto sfondato, c’è un casco da motocicletta. Dall’altra parte del corridoio, invece, ci sono altri spazi con lo stesso caos a terra ma anche dei tamburelli dorati, di quelli che si usano nei circhi o che hanno i suonatori ambulanti.
Anche fuori ci sono cose abbastanza inaspettate. Per terra, un mezzo all’erba, c’è una batteria d’auto, mentre appoggiata al davanzale di una finestra c’è lo schermo di un computer.
Il Comune ha intenzione di abbattere presto lo stabile per realizzarvi degli appartamenti. Nel frattempo, però, non c’è sgombero che tenga. Gli invisibili tornano sempre.