Fascismo e Liberazione Una mostra da brividi

Taglio del nastro a palazzo de Mayo tra foto, documenti e ritagli di giornale Dieci le sezioni: dalla follia delle leggi razziali alla vittoria della democrazia

CHIETI. Molti non sanno che il 9 giugno del 1944, alle 18, a liberare Chieti dall’occupazione nazifascista è stato un reparto di valorosi paracadutisti della divisione Nembo. Ragazzi poco più che maggiorenni che in una vecchia foto si stringono intorno al loro comandante, il generale Morigi. L’istantanea è stata scattata qualche mese prima della «liberazione». Volti che sorridono anche se nel cuore quei giovani sanno bene che la morte è sempre pronta a ghermirli nei cieli della patria devastata dalle bombe. E forse in molti non sanno neppure che dall’altra parte della barricata il governo fascista, arrivato al capolinea, per motivare i soldati al fronte ormai stremati, si inventò la campagna delle foto di famiglia: bimbi, mogli, fidanzate e genitori vennero immortalati con gli abiti della festa, ma quelle immagini bugiarde che nascondevano ad arte miseria e malattia, non arrivarono mai a destinazione. Lo scopo dell’iniziativa promossa dal Comitato provinciale per la valorizzazione della cultura della Repubblica nel contesto dell’unità europea ha l’obiettivo di raccontare alle persone una storia d’Italia diversa da quella che viene studiata sui libri di scuola. Una storia fatta dal popolo capace di grandi e piccoli gesti eroici spesso ignorati o peggio dimenticati. Chi vuole sapere di più di quanto è accaduto a Chieti durante la seconda guera mondiale può trovare risposte nella mostra documentale intitolata «1938-1948 Dalle leggi razziali alla Costituzione repubblicana». Evento curato dall’Archivio di Stato teatino in collaborazione con la prefettura e la Fondazione della Carichieti. La mostra rimarrà aperta fino al 9 giugno, giornata nella quale verrà ricordata la liberazione della città.

Alla mostra, allestita nella sala espositiva di palazzo de Mayo, in corso Marrucino, è stata abbinata anche l’esposizione di alcune opere di Trieste Del Grosso, apprezzato scultore, capitano dell’esercito confluito nel gruppo partigiano «Banda Palombaro» e trucidato il 3 dicembre del 1943 durante l’occupazione tedesca. Ieri il taglio del nastro della mostra allestita dal direttore dell’Archivio di Stato Miria Ciarma in occasione della ricorrenza del 60° della Costituzione italiana, riproposta e ampliata quest’anno con documenti appartenenti ai fondi del partito nazionale fascista, alla prefettura, Brigata Majella e all’archivio comunale.

«Il percorso proposto» ha spiegato Ciarma «sintetizza due momenti di contrapposizione estrema: l’avvio nel 1938 dell’elaborazione di leggi antiebraiche e il principio affermato dall’articolo 3 della Costituzione entrato in vigore nel 1948». «Un pezzo di storia importante» ha aggiunto il prefetto Fulvio Rocco De Marinis «che va conosciuto e ricordato. Un cammino doloroso che ci ha portato alla libertà e alla democrazia». Lo storico Filippo Parlante ha delineato la figura dell’artista-eroe Trieste Del Grosso. Gli onori di casa sono stati fatti dal vice direttore della Fondazione Carichieti, Angelo Marrone, mentre il generale Leonardo Prizzi (Comando militare Esercito Abruzzo) ha raccontato la Chieti liberata e promesso documenti inediti in occasione dei festeggiamenti previsti il 9 giugno.

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