Guerra dei taxi? Chieti accusa Regione e Pescara e decide di vendere le quote dell’aeroporto

Il sindaco Di Primio: ingiuste prevaricazioni ai danni dei lavoratori teatini, ora basta

CHIETI. Nuovo capitolo nella guerra dei taxi tra Chieti e Pescara: il sindaco di Chieti, Umberto Di Primio, annuncia di avere «dato disposizione, stante la colpevole inerzia del Comune di Pescara e della Regione, di vendere le 1000 azioni del valore nominale di 5,16 euro cadauna della Saga, la società regionale che gestisce l’aeroporto d’Abruzzo, detenute dall’ente». La decisione è stata presa «alla luce dell’ennesimo sopruso subito dal Consorzio Radio taxi Cometa, che da anni si propone di aggregare i taxi operanti nella cosiddetta area metropolitana Chieti-Pescara, e delle ingiuste e continue prevaricazioni a danno dei tassisti di Chieti in servizio all’Aeroporto d’Abruzzo». «La protesta di due giorni fa dei tassisti pescaresi nei confronti dei colleghi teatini è solo l’ultima di una lunga serie di insulti e minacce fisiche e verbali ripetutamente rivolte loro riguardanti l’accesso all’Aeroporto d’Abruzzo, accesso impedito ai tassisti teatini che effettuano legittimo servizio di trasporto passeggeri, regolamentato da una legge apposita (la 422 del 1997, art. 14 comma 8), che stabilisce che l’area aeroportuale può essere utilizzata dai taxi di qualsiasi città capoluogo, con quote stabilite in base ai rispettivi bacini d’utenza». «Tutti i Comuni interessati alla questione dell’Aeroporto d’Abruzzo », sottolinea il sindaco di Chieti, « hanno sottoscritto tale legge, tranne quello di Pescara, evidentemente ostaggio dei suoi tassisti, determinando in tal modo una situazione intollerabile. La Regione, sinora inerte riguardo tale questione, a questo punto ha l’obbligo di intervenire per giungere ad una risoluzione. Per i motivi citati, dunque, ho dato mandato di cedere le quote azionarie di capitale sociale della S.aga. in possesso del Comune di Chieti, poiché è inutile investire su di esse se poi si continua a considerare l’Aeroporto d’Abruzzo come “cosa” dei pescaresi ed a comportarsi di conseguenza».