Il capolavoro di Nicola studiato al microscopio

Guardiagrele, ricercatori di Cnr e Istituto di fisica nucleare nel museo del duomo «Vogliamo scoprire i segreti della croce processionale del Quattrocento»

GUARDIAGRELE. Quattro giorni per fare luce sui materiali che hanno dato vita a una delle opere più affascinanti di Nicola da Guardiagrele: la croce processionale del 1431 i cui reperti sono custoditi nel Museo di Santa Maria Maggiore. Quattro giorni di analisi con le tecniche più sofisticate che permettono di studiare sfere, parastine, medaglioni, statuine e formelle. I lavori sono in corso nella sala espositiva al piano terra del duomo. È qui che Marco Ferretti del Cnr, Istituto di tecnologia applicata dei Beni culturali di Roma; Adolfo Esposito, dell’Istituto di Fisica nucleare di Frascati con la collega Astrik Gorghinian, e Claudia Polese, del dottorato ricerca Cnr, hanno allestito il loro quartier generale: ricorrendo alla tecnica della fluorescenza a raggi X che utilizza una strumentazione sofisticata, stanno studiando la composizione dei materiali con i quali il maestro per eccellenza dell’arte orafa abruzzese si dilettava e a sua volta istruiva i suoi discenti nei capolavori sacri.

«Vogliamo capire gli elementi chimici usati da Nicola da Guardiagrele», spiega Ferretti, «se si tratta di materiali mai trattati prima della loro elaborazione e la tecnica di allestimento. Interessa il confronto nella composizione dei materiali, gli elementi di base per gli smalti. Puntiamo a una comparazione con le croci dell’epoca che si trovano in altre chiese per verificarne le affinità. E capire l’influenza di questo artista nell’arte orafa del Quattrocento».

Una delle ricerche è quella sulla combinazione tra mercurio e oro per ottenere l’amalgama. O anche lo studio sulla doratura a foglia e non ad amalgama. Un altro approfondimento è sulle formelle: alla base hanno un substrato in argento puro con tracce d’oro, di rame ce n’è pochissimo. E ancora: i confronti con l’arte orafa di un secolo prima sulla composizione degli smalti. E gli esperti hanno già notato che nelle opere del maestro guardiese non ci sono quelle impurità che emergevano nel Trecento. Nicola, infatti, si approvvigionava di minerali di cobalto dalla Francia, anzichè dalla Turchia, come avveniva prima. «Insomma», conclude Ferretti, «c’è un cromatismo sofisticato che va studiato».

La ricerca è stata voluta dall’Ente mostra artigianato artistico abruzzese. «Intorno a Nicola da Guardiagrele», dice il presidente dell’ente mostra, Gianfranco Marsibilio, coadiuvato dal direttore artistico Gabriele Vitacolonna, «tutta la comunità abruzzese deve ritrovarsi visti i valori espressi. Da anni vogliamo dedicare una mostra a questo artista. Puntiamo a un’esposizione di una decina di sue opere che si trovano per l’Italia. C’è l’ok dalla Soprintendenza ma per mancanza di fondi l’iniziativa è rimasta ferma. È un sogno che speriamo si concretizzi con la nuova giunta regionale. Ringraziamo il parroco, don Nicola Del Bianco, per averci consentito questa ricerca, e il ristorante Villa Maiella che ospita i ricercatori».

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