Il futuro del Comune si decide all’ultimo voto 

Lo scontro non si arresta: così Di Primio non ha i numeri per approvare il bilancio

CHIETI. Il futuro di Chieti e dell’amministrazione Di Primio è legato a un pugno di voti. Mancano tre giorni al voto decisivo sul bilancio: senza un sì, il Comune sarebbe sciolto e Chieti tornerebbe alle elezioni. Il consiglio comunale è convocato alle 9 di lunedì e il sindaco Umberto Di Primio, in rotta con Forza Italia – si è autosospeso dal partito in aperta polemica con il gruppo dei consiglieri – non ha la certezza di una maggioranza. Anzi, a oggi, dopo il passaggio dell’assessore Carla Di Biase in Fratelli d’Italia che avrebbe scontentato i rappresentanti delle liste civiche a partire da Nicoletta Di Biase, il voto potrebbe finire addirittura 12 a 14 per l’opposizione: se andasse così, sarebbe la fine dell’era Di Primio, ormai a un anno dal termine del secondo mandato. Un’altra ipotesi è che finisca con un pareggio: 14-14, ma anche in questo caso il destino dell’amministrazione sarebbe segnato perché il bilancio non verrebbe approvato. In consiglio comunale, il pari equivale a una sconfitta.
CINQUE RIBELLI. In questa situazione, il pallino del gioco è sempre in mano ai 5 consiglieri ribelli di Forza Italia, il capogruppo Marco D’Ingiullo e poi Maura Micomonaco, Emiliano Vitale, Maurizio Costa ed Elisabetta Fusilli, tutti espressione dell’assessore regionale Mauro Febbo: non è ancora sicuro se parteciperanno al consiglio oppure no e, nel caso in cui prendessero parte alla seduta, se voteranno a favore o contro il piano di Di Primio. Una manovra con la chiusura di un altro asilo nido, tariffe più alte e nuovi aumenti.
DI PRIMIO- FEBBO. In campo ci sono due blocchi contrapposti: uno fa riferimento al sindaco e l’altro a Febbo. Tra Di Primio e l’assessore regionale, nominato nella giunta Marsilio sulla spinta di 5.553 voti presi alle elezioni del 10 febbraio, è scontro aperto: il sindaco parla di «ricatti di Forza Italia» e disegna le trame di un presunto complotto ai danni della sua amministrazione; Febbo parla di «legittime richieste» che «legittimamente possono essere accolte».
LE RICHIESTE. E sono due i fronti caldi: l’assessore Di Biase, candidata con Forza Italia alla Regione (ma senza il benestare di Febbo), e la stabilizzazione di 48 precari storici della Teateservizi. Forza Italia chiede la cacciata di Di Biase dalla giunta e l’assunzione dei precari, 20 subito e altri 28 tramite un avviso pubblico. «Ma siamo ancora in alto mare», ammette D’Ingiullo.
LO SCONTRO. Perché? Di Biase ha rimesso le deleghe nelle mani del sindaco ma resta assessore. In una lettera a Di Primio, Di Biase parla di «teatrino dualistico» e dice: «Caro sindaco, il quadro politico generale, così come delineatosi nelle ultime settimane, sta fortemente provando noi tutti, sia sotto il profilo amministrativo che da un punto di vista umano e personale. L’onesta morale e intellettuale che mi contraddistinguono, il senso di lealtà che caratterizza il nostro rapporto, fanno sì che non possa permettere che la mia persona sia la scusa con cui qualcuno voglia tradire (come già fatto da altri) il patto stretto con gli elettori lo scorso 14 giugno 2015». Una lettera che non placa affatto la polemica: la richiesta dei forzisti al sindaco di rimuovere Di Biase dalla giunta non è stata presa in considerazione. E le assunzioni alla Teateservizi, la partecipata al 100% comunale che si occupa della riscossione dei tributi, sono sempre più in bilico a causa delle dimissioni improvvise del neo amministratore unico Giovanni D’Amico.
CAOS TEATESERVIZI. A un mese esatto dalla nomina, D’Amico ha deciso di lasciare l’incarico. Ufficialmente, per motivi personali ma la decisione è maturata proprio nel momento in cui la politica ha pressato per l’infornata dei precari, dettando tempi e modi. Un’insistenza che il manager non avrebbe tollerato. Sono i verbali della Teateservizi a dimostrare che, già dal giorno stesso della nomina di D’Amico, 13 maggio, la politica ha chiesto le assunzioni con tre solleciti in un mese. È quanto emerge dalle carte e dalla ricostruzione del sindaco: «Alla prima assemblea utile della società, ovvero quella del 13 maggio», dice il sindaco, «ho dato mandato alla Ts, come previsto dallo statuto, di abbandonare i contratti a tempo determinato in favore di quelli a tempo indeterminato. Il 27 maggio ho nuovamente sollecitato nell’assemblea di Ts la trasformazione dei contratti a tempo determinato in indeterminato. L’11 giugno ho chiuso l’ennesimo sollecito».
TERZO SOLLECITO. Queste le parole testuali utilizzate dal sindaco, due giorni prima delle dimissioni di D’Amico, per chiedere per la terza volta di «accelerare le procedure» e stabilizzare i precari «al più presto»: «La società, quindi i vertici della stessa, amministratore unico e direttore generale, sulla scorta della indicazione data dal socio, possono e debbono assumere la decisione ritenuta più giusta e coerente con il dettato normativo vigente per raggiungere l’obiettivo. È lapalissiano che nessuna competenza può avere il socio in questioni gestionali. Invita quindi l’au e suo tramite il dg, al quale è stata conferita con determina au 18/2018 la responsabilità “dei procedimenti di selezione del personale”, ad accelerare le procedure per assumere a tempo indeterminato i dipendenti di Ts. Il socio si rimette alle decisioni che l’au e il dg riterranno di assumere non potendo determinare la scelta sulle modalità e procedure. Insiste affinché si proceda al più presto alla assunzione di personale a tempo indeterminato».