L’omicidio di San salvo

Il perito: Pagano capace d’intendere e di volere

SAN SALVO. La notte in cui fu uccisa Albina Paganelli, 68 anni, Vito Pagano era perfettamente in grado d’intendere e volere. Sono queste le conclusioni dell’incidente probatorio disposto dalla...

SAN SALVO. La notte in cui fu uccisa Albina Paganelli, 68 anni, Vito Pagano era perfettamente in grado d’intendere e volere. Sono queste le conclusioni dell’incidente probatorio disposto dalla magistratura per valutare le capacità cognitive dell’unico indagato dell’efferato omicidio di San Salvo. I magistrati hanno tenuto conto del comportamento del giovane individuando nelle sue azioni una “iperbole di dolo”. Soddisfatta la parte civile, rappresentata dagli avvocati Antonello e Giovanni Cerella. Pagano rischia a questo punto l’incriminazione per omicidio premeditato senza contare che su di lui pende anche l’accusa di calunnia presentata dalle due persone indagate dal giovane come correi. Il compito dei difensori, gli avvocati Fiorenzo Cieri e Clementina De Virgilis, diventa molto delicato. Spetta a loro a questo punto decidere se richiedere il giudizio con rito abbreviato o il processo in Corte d’assise.

L’omicidio. La notte del 14 agosto 2012 Albina Paganelli viene uccisa a coltellate per 60 euro. I vicini di casa, svegliati dalle urla della donna, cercano inutilmente di soccorrerla. Il corpo della poveretta è straziato da decine coltellate. Vito Pagano, arrestato poche ore dopo l’omicidio, nega di essere l'autore del delitto e accusa prima C.G., 31 anni, operaio romeno, e poi G.G., 28 anni, di San Salvo. Entrambi risultano estranei ai fatti. Sul tetto della casa di Pagano i carabinieri trovano un borsone con soldi e scarpe sporchi di sangue. Alcuni testimoni raccontano di avere visto Pagano indossare quella notte una sorta di cappuccio per camuffare le proprie sembianze.

La difesa. Da subito i difensori dell’indagato insistono sulla non imputabilità di Pagano. «Non era in grado di capire quello che faceva», ripetono gli avvocati. Il perito della difesa, Vincenzo Vecchioni, lo ha ripetuto ieri in aula sostenendo che nel giovane la percezione del reato era contaminata dall’uso di stupefacenti.

Le conclusioni. Di ben altro avviso i periti della parte civile, della Procura. La dottoressa Maria Cinabro e il dottore Vittorio Sconci hanno parlato di «comportamento autoaccusatorio e iperbole di dolo». In sostanza Pagano avrebbe capito da subito ciò faceva. Non solo. I periti nell’esaminare le condizioni di salute del giovane rinchiuso da cinque mesi a Chieti hanno ritenuto le condizioni fisiche compatibili con il regime carcerario. L’accusato resta in carcere in attesa di giudizio.

Il processo. Il fascicolo sull’omicidio Paganelli è stato consegnato in Procura. Presto i magistrati fisseranno una udienza davanti al Gup, il giudice per le udienze preliminari. In quella sede gli avvocati Cieri e De Virgiliis giocheranno una partita difficile. È probabile che davanti a un quadro accusatorio complesso i difensori decidano di chiedere il giudizio col rito abbreviato. Il giovane deve rispondere anche di calunnia. (p.c.)

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