Il sindaco Iezzi, l'eroe da non dimenticare

«Per i 150 anni dell'Unità d'Italia sarebbe bello ricordare la medaglia d'oro al valor civile»

«Come diceva Ojetti, l'Italia è un Paese di contemporanei senza antenati né posteri perché senza memoria di se stesso. E un Paese - mi permetto di aggiungere - senza memoria di se stesso non è un Paese; è solo un conglomerato di bastardi accampati sulla più bella terra del mondo, come lo sono le cavallette quando scendono a devastarla».

Queste parole di Indro Montanelli tornano alla mente davanti all'assordante silenzio caduto oramai da tempo su un "sindaco eroe" dei nostri tempi, Donato Iezzi, ucciso da un treno il 25 gennaio del 2003 mentre a Torino di Sangro stava controllando la stabilità di un ponte minacciato dall'alluvione.

All'indomani della tragedia si precipitarono nel comune della provincia di Chieti tutte le più alte autorità, per tributare il commosso e deferente omaggio a una "vittima della generosità".

Tanti politici in prima fila. Ed anche il potentissimo capo della Protezione civile, Guido Bertolaso. Con lui autorevoli uomini del governo nazionale e regionale. Venne posta la questione della tutela dei sindaci e del sostegno economico delle loro famiglie.

Donato Iezzi lasciava la giovane vedova con tre bimbi. Tutti i partiti, di destra, di sinistra, di centro si dissero disposti a varare in parlamento in tempi rapidi un provvedimento che avrebbe equiparato ad attività di protezione civile quella degli amministratori impegnati in soccorsi alla popolazione in pericolo. I sindaci sarebbero stati coperti da assicurazione obbligatoria dei comuni.

Tante parole, pochi fatti. Iniziative sporadiche, impegni puramente "simbolici". Si deve attendere un'altra tragedia per attuare le misure di "protezione" ipotizzate? Speriamo di no.

"Sindaci eroi" facilmente dimenticati, dunque. E ingiustamente finiti nell'oblio. "Devo fare qualcosa per salvare il salvabile".

Erano state queste le ultime parole di Donato Iezzi, 34 anni, mentre telefonava sotto la pioggia al Centro per chiedere aiuto: «L'Osento sta distruggendo il mio paese. I ponti comunali, quelli provinciali e sulla statale sono invasi dal fango. Ci sono frane ovunque e sono preoccupato per il ponte della ferrovia delle Morge».

Il caso aveva commosso l'Italia. Migliaia di persone ai funerali. L'atto eroico era finito anche sulle prime pagine della grande stampa.

Drammatica la descrizione dell'incidente fatta dall'inviato del Corriere della Sera: "Mentre telefonava al giornale il Centro, Donato Iezzi stava controllando le condizioni di un ponte sulla ferrovia adriatica. Era salito fino alle rotaie per vedere meglio. Pochissimo lo spazio, al di là del parapetto, tra la massicciata e i binari. Ha sentito il treno arrivare, si è addossato alla parete, ma l'Intercity è passato così veloce che lo ha risucchiato trascinandolo sotto le ruote d'acciaio".

Una morte atroce. Agghiacciante.

Un eroe premiato da Ciampi con la medaglia d'oro al valor civile consegnata alla giovane vedova Cinzia Cannone, donna forte e coraggiosa, e ai tre piccoli orfani, durante l'incontro del presidente della Repubblica con i sindaci dei comuni a maggio 2003.

Ricordiamole quelle parole che andrebbero scritte a caratteri cubitali nei comuni: «Dovete essere orgogliosi di eroi della Repubblica come Donato Iezzi, sindaco di Torino di Sangro, tremila abitanti; un giovane sindaco, un padre e un marito, caduto in servizio mentre esercitava con coraggio le funzioni di protezione civile, per proteggere la sua comunità da un grave rischio, nel pieno della furia degli elementi che tante volte, ogni anno, mette a repentaglio borghi e paesi, valli e comunità soprattutto montane. La dedizione alla sua comunità, la sua fedeltà ai valori di solidarietà e alla missione di sindaco ci spingono a impegnarci di più».

Un sindaco d'altri tempi. Al servizio dei cittadini. Per lui era una "missione" amministrare in modo pulito e onesto. Farlo conoscere bene alle giovani generazioni è un dovere di un Paese che, per ripetere il giudizio di Montanelli non può "perdere la memoria" e divenire "un conglomerato di bastardi accampati sulla più bella terra del mondo".

Iezzi amava molto la sua terra. E aveva progetti moderni per lo sviluppo della costa. Era amatissimo perché interpretava lealmente i bisogni della popolazione. Per questo era stato eletto a larga maggioranza. Vicino ai Ds, cattolico osservante, faceva parte di una comunità catecumenale che operava per i bisognosi. Un esempio da onorare, mettendo anche in pratica le promesse di otto anni fa.

Un sindaco espressione della buona politica, quella del fare, contro il malaffare.

E' cosa buona e giusta riscoprire Iezzi, riproporre i suoi progetti, rileggere le sue lezioni illuminate e progressiste.

Anche perché, come diceva Ojetti, l'Italia non può continuare ad essere un Paese di contemporanei senza antenati né posteri "perché senza memoria di se stesso". E per i 150 anni dell'Unità d'Italia, sarebbe opportuno ricordare adeguatamente anche la "medaglia d'oro" dei sindaci d'Italia, l'eroe Donato Iezzi, simbolo e orgoglio di tutti gli amministratori e cittadini onesti.

Per dare forza alla buona politica.

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