Il Tar frena e congela l’atto aziendale della Asl Chieti-Lanciano-Vasto 

Sarà il Consiglio di Stato a decidere se bocciare definitivamente il documento. Dal Pozzo: salvo per ora l’ospedale guardiese, ma il policlinico teatino scoppia

CHIETI. Sarà il Consiglio di Stato a pronunciarsi sulla bocciatura definitiva del riassetto della rete ospedaliera abruzzese deciso dal governatore e commissario della Sanità Gianni Chiodi, che nel Programma operativo 2010 aveva previsto la chiusura di 5 ospedali tra le province dell'Aquila e di Chieti.

È quanto ha disposto il Tar aquilano con l'ordinanza 110 pubblicata venerdì scorso su ricorso del centrosinistra all'opposizione di Guardiagrele, che nel 2010 cominciò una battaglia contro la chiusura del Santissima Immacolata proseguita con l'impugnazione delle delibere commissariali in attuazione del programma del 2010 e dello stesso Atto aziendale della Asl di Chieti reso pubblico lo scorso dicembre. L'ordinanza in 16 pagine del Tribunale amministrativo regionale rigetta il ricorso, il nono firmato dal consigliere comunale e avvocato Simone Dal Pozzo, ma fa registrare un punto a favore del fronte contro la chiusura degli ospedali quando stabilisce che la conversione in legge dello Stato del programma di Chiodi (il decreto 98 annesso alla Finanziaria del luglio 2011) non compromette l'esito della controversia in sede di giustizia amministrativa, che nella sentenza 262 del maggio 2011 pronunciata dal Tar dell'Aquila, prima della conversione in legge del riassetto ospedaliero, ha trovato un punto fermo nella bocciatura delle delibere 44 e 45 con cui Chiodi intendeva chiudere l'ospedale guardiese. «Il Tar ci indica con chiarezza», spiega Dal Pozzo, «che tutto è rimandato all'esito del giudizio proposto da Chiodi al Consiglio di Stato, cioè il ricorso in appello contro la sentenza del Tar dell'Aquila che aveva bocciato il Programma operativo. Fino a quella sentenza», riprende Dal Pozzo, «la nuova mappa ospedaliera delineata da Chiodi e l'allora subcommissaria Giovanna Baraldi rimane congelata. E anzi», osserva, «è aperta la strada a giudizi di ottemperanza per Gissi e Casoli, come è stato già fatto a Pescina e Tagliacozzo». Un procedimento che Dal Pozzo ha intenzione di proporre per lo stesso ospedale guardiese «se si dovesse decidere la chiusura nonostante le disposizioni di Tar e Consiglio di Stato o anche se si dovesse proseguire in una azione di latente depotenziamento che ci allontana sempre più dalla programmazione del Piano sanitario regionale 2008 che aveva dato un ruolo preciso agli ospedali ex Asl di Chieti». Abbracciata anche dalla stessa amministrazione guardiese di centrodestra con 3 ricorsi, la battaglia per il Santissima Immacolata si è estesa in due anni fino a mettere in discussione l'intero progetto di Chiodi e per ricaduta naturale anche l'Atto aziendale firmato dal manager della Asl teatina Francesco Zavattaro. «L'assistenza sanitaria non è a compartimenti stagni», commenta Dal Pozzo, «e se nella forma lo dimostrano le complesse carte dei ricorsi amministrativi, nella sostanza ci sono evidenze lampanti come il sovraffollamento del clinicizzato di Chieti ormai prossimo alla qualifica di lazzaretto per via dello squilibrio indotto dalla politica di Chiodi tra strutture sanitarie periferiche sempre meno funzionanti e ospedali principali su cui viene concentrata l'attività sanitaria».

La visione Chiodi- Baraldi della sanità sembra del resto avviata sul viale del tramonto.

Ma bisogna attendere la sentenza del Consiglio di Stato per capire se la sanità regionale prenderà nuove strade.

Francesco Blasi

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