In Abruzzo 15 chili di coca a settimana

I viaggi delle donne del clan da Napoli a Francavilla dove lo stupefacente veniva custodito in un’officina prima della vendita

VASTO. Sono usciti da una porta secondaria della caserma dei carabinieri alla spicciolata uno alla volta e a distanza di diversi minuti l’uno dall’altro per evitare la curiosità della gente. Gli ultimi indagati sono stati trasferiti ieri in carcere qualche minuto prima di mezzogiorno. Ad accompagnarli i carabinieri. Gli stessi che, insieme ai militari del Ros, hanno indagato per un anno per verificare l’attedibilità delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Lorenzo Cozzolino. Dichiarazioni che hanno avuto un effetto deflagrante in tutto il Chietino. Perché questa volta le persone coinvolte nell’ “Operazione “Adriatico” coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia - 31 in manette 84 indagate - non sono accusate di semplice detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, ma piuttosto di avere dato vita a una organizzazione di stampo camorristico che si era insediata da almeno dieci anni nella provincia di Chieti. Il numero dei provvedimenti dà la misura del preoccupante livello di criminalità raggiunto lungo la dorsale adriatica. La via della droga partiva da Napoli per arrivare a Francavilla e diramarsi in tutto il Vastese. Questo grazie a un patto di non belligeranza fra i coniugi Cozzolino e i coniugi Bevilacqua. “Adriatico” ha preso le mosse dall’operazione “Tramonto”. Cozzolino ha deciso di collaborare: un fiume di rivelazioni che hanno inondato l’Abruzzo.

I numeri. Nel dossier di 400 pagine alcuni capitoli raccontano gli interrogatori di Cozzolino e le rivelazioni del pentito. I carabinieri di Vasto hanno dovuto trascorrere lunghe notti all’addiaccio. Altre accanto al telefono o davanti al computer per individuare i messaggi in codice attraverso i quali venivano fatte le ordinazioni di droga. Le nuove tecniche investigative si sono rivelate fondamentali. Gli investigatori hanno contato più di settemila ore di intercettazioni ambientali, 2.500 ore di colloqui telefonici su una ottantina di utenze, oltre 700 controlli informatici.

Le curiose alleanze. Le rivelazioni di Cozzolino abbracciano un arco di dieci anni. Molti attentati adesso hanno un origine e un movente. Davanti al racconto del boss anche i più scettici hanno dovuto convincersi che la camorra era riuscita a mettere radici nel Chietino grazie a un patto con i rom. Dal 2004 al 2007 la droga che Italia Belsole, la moglie di Cozzolirno, andava a prendere ogni settimana nel quartiere di San Giovanni a Teduccio di Napoli (15-20 chili ogni volta)veniva custodita nell’officina di Luigi Muro a Francavilla al Mare, a disposizione di Cozzolino. I viaggi da Napoli a Francavilla qualche volta venivano fatti in 4 : Cozzolino, la Belsole, Carmine Bevilacqua e la moglie Lucia Sauchella. La coppia Cozzolino-Belsole sarebbe stata a capo del filone operante lungo la costa adriatica e nel Medio e Alto Vastese, in Val di Sangro e a Pescara. Il gruppo di cui faceva parte anche la famiglia Martuscello di Napoli avrebbe operato sull’asse Napoli-Vasto-San Salvo. Lo spaccio della cocaina che arrivava a volte da San Severo attraverso l’Albania veniva gestito come da accordi, con Carmine Bevilacqua. Dal Vastese la droga, grazie a collaboratori e pusher, veniva smistata in tutto il Centro sud e non solo.

La difesa. Un esercito di avvocati si prepara a difendere i propri assistiti. Giovanni e Antonello Cerella, Raffaele Giacomucci, Fiorenzo Cieri, Agostino e Nicola Chieffo, Angela Pennetta, Arnaldo Tascione,Marisa Berarducci, Elisa Pastorelli e molti altri ancora. I penalisti non parlano perché il dossier da leggere è lungo e abbraccia un arco di tempo vasto. Lo faranno dopo gli interrogatori che dovrebbero cominciare domani. Ad assistere Italia Belsole che in questo procedimento è solo indagata (come il marito), dovrebbe essere l’avvocato Nicola Artese mentre Cozzolino pare sia assistito da un avvocato del foro di Napoli.

Paola Calvano

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