Interventi al cuore, fuga dal policlinico

L'esodo in altri ospedali fuori regione costa 46 milioni, complici le lunghe liste d'attesa

CHIETI. Fuori per operarsi di cataratta, per parto cesareo, interventi di chirurgia ortopedica o di cardiochirurgia. La Asl di Lanciano-Vasto-Chieti nel 2010 ha perso oltre 36 milioni 632 mila euro per i chietini che sono andati a ricoverarsi in ospedali fuori dall'Abruzzo e se si aggiungono le altre prestazioni sanitarie a monte dell'esodo la cifra sale a ben oltre 46 milioni. Complici del fenomeno anche le lunghe liste di attesa. Ora emergono i dati sul perché di questa fuga, in risposta a un'interrogazione in consiglio regionale dell'Italia dei Valori, che a questo punto contesta i tagli degli ospedali di Gissi e Guardiagrele.

«Questi due ospedali», dicono Paolo Palomba e Lucrezio Paolini dell'Idv, «assicuravano centinaia di interventi l'anno sulla cataratta, in un periodo in cui già molti residenti della provincia di Chieti erano costretti ad emigrare altrove per poter essere operati, con una spesa di circa 262 mila euro per il 2010, destinata a crescere nel 2011».

«Tenuto conto» prosegue «che dalle stesse rilevazioni del piano operativo la chiusura di questi due presidi ospedalieri dovrebbe aver determinato economie complessive, non solo per l'oculistica, ma per tutta l'attività ospedaliera, non superiori ai 400 mila euro, l'interrogativo che ci poniamo è se sia valsa la pena costringere i cittadini a spostarsi altrove, per conseguire risparmi che paiono esclusivamente virtuali.

GINECOLOGIA. Le due maggiori voci di spesa per ricoveri ospedalieri fuori regione dalla Asl teatina nel 2010 sono il milione e 800 mila euro circa per la sostituzione di articolazioni maggiori o reimpianto degli arti inferiori e il milione di euro circa per interventi sulle valvole cardiache e altri interventi maggiori cardiotoracici senza cateterismo cardiaco.

Non manca la migrazione per questioni ginecologiche.

«A Guardiagrele», continuano Palomba e Paolini, «era ospitato un validissimo reparto di ginecologia, anche questo chiuso insieme a tutto l'ospedale, proprio quando la Asl spendeva per i chietini, che già si recavano altrove, oltre 700 mila euro per due soli Drg (raggruppamenti omogenei di diagnosi o voci di spesa), su quelli che il reparto di ginecologia poteva assicurare ai cittadini».

TUMORI. Sulla scelta della Asl di creare un reparto di chirurgia oncologica a Ortona è critico Paolo Innocenti.

«La motivazione di tale scelta è che troppi abruzzesi vanno a farsi operare fuori regione per tumore», afferma l'ordinario di chirurgia nell'università d'Annunzio e direttore della patologia chirurgica al Santissima Annunziata, «ritengo che questo non risponda interamente al vero».

«Nei reparti universitari a Chieti di patologia chirurgica e clinica chirurgica e in quelli ospedalieri della Asl» osserva «si operano quasi esclusivamente pazienti affetti da tumore, ai quali viene data la precedenza. Lo sanno bene gli altri utenti che di conseguenza devono aspettare da 6 mesi a un anno per essere operati di altre patologie"minori", come, per esempio, le ernie».

Il chirurgo imputa l'esodo massivo fuori Abruzzo al depauperamento progressivo dell'offerta sanitaria «non certo imputabile ai medici».

Tra le prime 10 voci di spesa per ricoveri oltre regione, poi, fa notare che non ci sono interventi per tumore, men che meno polmonari o digestivi.

«Quindi», conclude, «le motivazioni per la creazione di un nuovo primariato di chirurgia oncologica non sembrerebbero giustificate».

CUP. Ieri s'è consumata un'ennesima mattinata difficile al Cup di Colle dell'Ara.
«A metà mattinata la cassa per gli esenti ticket era stracolma di utenti e un solo operatore allo sportello», racconta una donna con l'amaro in bocca, «erano aperte al pubblico solo altre 2 casse, tra l'altro con percorso preferenziale per il laser a eccimeri da una parte e per disabili, donne in gravidanza e trapiantati dall'altra. Dopo le nostre proteste hanno finalmente aperto un'altra, che andava molto a rilento».

Sui Cup aziendali la Fp-Cgil ha proclamato lo stato di agitazione e chiesto l'attivazione della procedura di conciliazione al prefetto Fulvio Rocco de Marinis.

«La direzione aziendale non ha adottato», dice Andrea Gagliardi, segretario provinciale della Fp-Cgil, «misure idonee a ristabilire normali condizioni di lavoro del personale del comparto in forze nel servizio dei Centri unici di Prenotazione, Cup.

I lavoratori sono da tempo sottoposti a carichi di lavoro eccessivi, non possono usufruire di alcuni istituti contrattuali, quali ferie e permessi, sono costretti ad assumere responsabilità contabili e ad effettuare rimesse di cassa in assenza di un preciso quadro normativo di riferimento, in alcuni casi sforniti di strumenti necessari per lo svolgimento delle loro funzioni e sottoposti spesso a pesante stress nel rapporto con l'utenza per responsabilità non proprie».

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