La liquidazione dell’Isi: rischio salasso in bolletta

Se non scatta la fusione con la Sasi, i Comuni dovranno pagare fino a 11 milioni Preoccupazione per gli utenti: la mazzata verrebbe spalmata sulle fatture

LANCIANO. Dovranno sborsare tra i tra 4 e gli 11 milioni di euro i Comuni dell’Isi se non si dovesse arrivare entro 5 mesi alla sospirata, quanto quasi decennale fusione tra Isi (società del patrimonio delle reti idriche) e Sasi (società di gestione dell’acqua). Costi ingenti che dovranno pagare i Comuni, quindi di riflesso i cittadini con le bollette. È con questo spettro che i Comuni chietini devono fare i conti visto che alla fusione non si riesce ad arrivare. È caduto nel vuoto anche l’ultimatum dato a novembre dai sindaci al presidente della Sasi, Domenico Scutti, affinchè presentasse entro 20 giorni una proposta di fusione tra le due società che doveva essere quasi a costo zero onde evitare che a pagare siano i cittadini.

Sono passati quasi due mesi e non è giunta nessuna proposta. «È arrivata, invece, la risposta dell’Agenzia delle entrate sul quesito da me posto sui costi che avrebbe un’eventuale liquidazione dell’Isi», spiega il presidente della società, Vincenzo Antonucci, «ipotesi non remota perché, in base alla legge regionale 9/2011, se entro cinque mesi non si arriva alla fusione tra le due società, l’Isi dovrà essere sciolta. E ciò avrà costi ingenti per i Comuni. L’Agenzia delle entrate non ha quantificato precisamente i costi ma ha detto che tra plusvalenze, Iva e tasse lo scioglimento costerà tra 4 e 11 milioni di euro. Soldi che devono pagare i soci, cioè i Comuni, cioè i cittadini».

Solo questa ipotesi dovrebbe spingere i sindaci a riunirsi in assemblea e provare ad arrivare alla fusione. «La nostra proposta l’abbiamo fatta», dice Antonucci, «e prevede la fusione per incorporazione della Sasi nell’Isi. Che è quella meno costosa».

Non c’è però la proposta della Sasi. «Bisogna accelerare e arrivare alla fusione anche alla luce di questo parere», sollecita il sindaco di Castel Frentano, Patrizia De Santis, «dobbiamo muoverci e se non lo fanno i presidenti convochiamo noi sindaci le assemblee. La fusione è necessaria per evitare costi onerosi e anche per salvare la Sasi dove non si riescono a pagare gli straordinari ai dipendenti da agosto. Ma non c’è volontà visto che tutto tace».

Per la fusione bisogna avere anche i numeri, i 2/3 delle quote. E questi numeri non ci sono.

Teresa Di Rocco

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