La Procura indaga sul crollo del Turchino

La magistratura apre un fascicolo contro ignoti per danni patrimoniali, ambientali e culturali. Incaricata la Capitaneria

SAN VITO. Danni patrimoniali, culturali e ambientali: sono i reati alla base dell’inchiesta aperta dalla Procura contro ignoti per il crollo del trabocco di punta Turchino. La macchina da pesca tra le più note in Abruzzo poiché descritta assieme al promontorio da D’Annunzio nel “Trionfo della morte” è finita nella lente di ingrandimento della procuratore capo Francesco Menditto che ha aperto un fascicolo per il crollo avvenuto nella notte tra sabato e domenica scorsi. Non ci sono nomi sul registro degli indagati perché il lavoro della procura, ora, pare sia volto ad accertare di chi siano le responsabilità del crollo di un trabocco che il Comune ha dalla fine degli anni 70, che è stato ristrutturato e ricostruito più volte, l’ultima nel 2004. Proprio quei lavori di restauro e quanto fatto o non fatto negli anni successivi sono finiti nell’inchiesta della Procura, che ha agito di propria iniziativa. Menditto ha dato mandato alla Capitaneria di porto di Ortona di raccogliere informazioni e documenti volti ad accertare eventuali responsabilità per distruzione o deturpamento di bellezze naturali. Tranquillo il sindaco, Rocco Catenaro: «Siamo sereni e confidiamo sull’operato della magistratura. Ci siamo impegnati per un totale rifacimento dello storico trabocco comunale con un impegno di spesa di 120 mila euro. Il nostro sarà un intervento totale, di ricostruzione, perché nei restauri precedenti non si è mai intervenuti sulle fondamenta del trabocco, che hanno quindi ceduto».

In realtà sulle fondamenta nel 2004, quando era sindaco Teresa Giannantonio, si è intervenuto come dimostra il progetto comunale redatto nel 1999 e aggiornato nel 2004 dall’ingegnere Corrado Verì, che riporta analiticamente i lavori fatti, e come ricorda il consulente scientifico chiamato dal Comune per seguire il ripristino del trabocco, l’architetto Marcello Borrone. «Il progetto del comune redatto già nel 1999», spiega Borrone, «prevedeva la posa di nuovi binari sotto la struttura che è stata totalmente ristrutturata. I lavori partirono nel 2004 quando furono trovate le risorse, i 53.017 euro necessari (la metà di quanto occorre ora, ndc) per i lavori. Si ricostruirono la passerella, il casotto, la piattaforma. Si usarono 68 pali di acacia e si posero nuovi binari a sostegno dell’intera struttura. Fu interamente ristrutturato, fondamenta comprese». Un lavoro completo che fece tornare a nuova vita il trabocco. Che divenne talmente stabile che fu aperto alle visite guidate. Un lavoro che, però, poi doveva essere conservato nel tempo e non è stato fatto. «Per essere mantenuto», riprende l’architetto Borrone, «un trabocco ha bisogno di interventi stagionali, senza manutenzione la macchina è destinata di nuovo a scomparire». Ha bisogno di interventi il trabocco e di persone che giorno per giorno lo seguano. «In un sopralluogo notai nel 2011 dei problemi strutturali al Turchino che segnalai subito al sindaco con una lettera», racconta Borrone, «ma non ebbi risposta». L’architetto eseguì un sopralluogo il 25 luglio 2011 in qualità di responsabile scientifico di Cala lenta, la manifestazione culturale enogastronomica organizzata da Slow Food sui trabocchi e sulla costa. «Notai che alcuni binari della passerella e del piano pesca erano ruotati o distaccati dai pali di acacia», spiega l’architetto, «in quanto le correnti marine avevano eroso il piede degli scogli, determinando una rotazione dei pali e un abbassamento della parte dove insisteva il casotto. La situazione di stabilità complessiva, in quanto diffusa, era compromessa e consigliai al sindaco di intervenire con urgenza. Ma non si intervenne».

Sarà la magistratura ora a verificare i lavori fatti nel 2004, ad analizzare i documenti e a capire se 10 anni di mancata manutenzione abbiano provocato il crollo del simbolo dell’intera costa dei trabocchi, non solo di San Vito.

Teresa Di Rocco

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