Le barelle con i malati parcheggiate nel corridoio dell'ospedale di Chieti

Medicina e Geriatria come un ospedale da campo. Cerulli: "I familiari non possono neanche assistere i malati moribondi"

CHIETI. La sala d’attesa è piena di persone che attendono in silenzio l’apertura della porta. Qualcuno tenta di anticipare l’orario stabilito per le visite, ma il personale ospedaliero è irremovibile. La porta del reparto di Medicina all’11esimo livello del policlinico resterà chiusa fino alle 13. Poi si vedrà. «Ci sono visite in corso» annunciano alcuni infermieri che bloccano il passaggio come sentinelle a guardia di un fortino.

Sono le 13,15 quando finalmente la porta si spalanca. L’impatto visivo è forte. La prima impressione è quella di trovarsi in un ospedale da campo. Le barelle sono allineate lungo le pareti del lungo corridoio con i malati sdraiati che tentano di proteggersi dalle luci a neon che piovono sugli occhi. Per terra, alla rinfusa, valige e borsoni, a fianco dei letti improvvisati altrettanti improbabili comodini. I parenti si danno da fare per aiutare i malati a pranzare.

Ma il cibo consegnato da più di un’ora è ormai freddo. Molti pazienti rinunciano al pasto tra le imprecazioni sottovoce dei parenti che non sanno con chi prendersela. «Stamani è morta una donna di 96 anni e accanto a lei non c’era nessuno» racconta una ricoverata anziana a una parente «la nipote voleva assisterla, aveva anche il permesso della direzione della Asl, ma l’hanno mandata via dal reparto. Quando è tornata un medico le ha detto che la zia era morta. Ma con quale coraggio si nega il conforto degli affetti a una moribonda?» Commenta facendosi il segno della croce. Già, con quale coraggio. Viene da chiedersi dove sia finito il senso di umanità, di misericordia verso chi è costretto a vivere il dramma della propria malattia parcheggiato come un pacco contro il muro, negli anfratti del corridoio dove passano e ripassano i pochi infermieri in servizio.

«Tutto questo è inaccettabile» sostiene Aldo Cerulli segretario regionale di Cittadinanzattiva «Medicina sembra un lager. Nessuno può entrare per assistere i parenti anziani» per accompagnarli verso l’ultimo respiro. Ma che umanità è questa? Che civiltà è questa? La dignità del malato viene calpestata e se qualcuno ha l’ardire di ribellarsi anche derisa. «Come la nipote di quella 96 enne» conferma Cerulli «aveva chiesto di poterle stare vicino gli ultimi istanti di vita. Quando il medico le ha annunciato che la zia era deceduta lo ha fatto in sala d’aspetto. E alla sua indignazione ha risposto con la minaccia di chiamare i carabinieri. In realtà sarà lei a sporgere denuncia contro un sistema sanitario disumano».

Da gennaio a oggi, in quel reparto, come nella Geriatria, dove ieri c’erano sette anziani in barella, non è cambiato nulla. Nonostante il blitz dei Nas e la successiva inchiesta scattata in procura. Il 13 gennaio del 2016 dopo le innumerevoli segnalazioni circa il sovraffollamento nei reparti di Clinica medica e Medicina, il policlinico fu oggetto del blitz dei carabinieri del Nucleo antisofisticazioni di Pescara nel corso del quale i reparti speciali dei militari dell’Arma riscontrarono diverse criticità. In primo luogo la presenza di decine di barelle nei corridoi che avrebbero determinato irregolarità in materia di sicurezza sul lavoro. Sotto accusa anche inadempienze nell’accesso al materiale antincendio e per l’utilizzo delle bombole dell’ossigeno ostacolati dalla presenza delle barelle in fila. «Le stanze ci sono» assicura Cerulli «ma si continua a parcheggiare i malati lungo i corridoi. Invito presidente della Regione D’Alfonso e assessore Paolucci a prendere coscienza di quel che sta accadendo. I malati sono più importanti dei bilanci».