Ospedale

Letti in corsia, così la Asl di Chieti tratta i malati

Viaggio in Clinica Medica e Medicina. E una donna denuncia: «Un solo medico per le visite cardiologiche»

CHIETI. Entriamo nel corridoio della Clinica medica, undicesimo livello B, e sembra di varcare la soglia di un girone dantesco. Barelle in corsia che ostacolano il passaggio, posizionate persino sotto gli idranti dei vigili del fuoco, parenti curvi sui letti improvvisati in corridoio, medici e infermieri affaccendati che vanno senza sosta da una parte all’altra. E ieri, apprendiamo, la situazione era persino migliore di quella del giorno prima, quando una befana amara ha seminato il caos nei due reparti vicini di Clinica medica e Medicina.

Talmente alto era il numero di pazienti senza posto letto che avrebbero potuto costituire da soli un altro reparto del SS. Annunziata. Accanto alla sofferenza, non c’è neanche più dignità: «Per mia madre non c’era posto», racconta il figlio di una donna ricoverata, «l’hanno messa in corridoio. È stata costretta ad utilizzare la pala tra il via vai generale».

È questa la fotografia della sanità reale all’ospedale di Chieti, quanto mai lontana dalla sanità dei proclami della politica che sembra chiudere gli occhi su questa realtà.

CLINICA MEDICA. I medici della Clinica medica dicono che non possono rilasciare dichiarazioni. Ma lo sguardo allucinato e i volti affaticati dicono già tutto. Per non parlare degli infermieri, che nel reparto sono sotto organico già in condizioni normali. E dire che l’ex manager Francesco Zavattaro, prima di lasciare in fretta e furia l’incarico, inviò una lettera di diffida a non tenere barelle in corridoio. Zavattaro ricordava le più basilari norme ospedaliere che dicono che i letti in corsia sono dannosi dal punto di vista della sicurezza, ostacolando la viabilità (si pensi a un’emergenza tipo un incendio o un terremoto), oltre a non assicurare condizioni di sicurezza anche per il paziente, che non ha neanche a portata di mano il campanello d’allarme.

MEDICINA. Il responsabile del vicino reparto di Medicina, Ettore Porreca, si sfoga, invece, ai microfoni di Rai Tre. «E’ evidente che i reparti di Medicina non reggono più», dice e se la prende anche con la tipologia di pazienti che arriva in reparto, non solo affetta da problemi acuti, ma anche da patologie croniche che andrebbero indirizzati in altri contesti assistenziali. È il solito discorso del territorio che dovrebbe fare da filtro e, non si è capito ancora bene perché, non riesce a farlo. Anche il Pronto soccorso dovrebbe riuscire meglio in questa operazione, utilizzando maggiormente i posti dell’Osservazione breve, anche se le risorse umane del Pronto soccorso sono sottodimensionate e, quindi, sembra di essere di fronte a un cane che si morde la coda.

La verità è che dal 2011 ad oggi i posti letto sono stati tagliati di circa la metà: da quasi 100 dei quattro reparti di allora, ai 58 dei due reparti di oggi. CARDIOCHIRURGIA. Il personale non scarseggia solo al Pronto soccorso, ma anche a Cardiochirurgia. Una signora di 80 anni di Pescara il 5 gennaio doveva sottoporsi a una visita in vista di un intervento chirurgico. Accompagnata dalla figlia si era presentata puntuale all’appuntamento delle 16, quando il medico che avrebbe dovuto visitarla è stato costretto ad avvisarla che doveva effettuare consulenze cardiologiche in altri reparti e che non sapeva quando sarebbe tornato. Ha potuto visitare la signora solo alle 19.15, sebbene più volte interrotto dall’ingresso di addetti che portavano referti da far controllare, per altro disturbando la concentrazione dello scrupoloso dottore e la privacy della paziente che attendeva a seno nudo.

L’ESPOSTO. La signora e sua figlia hanno deciso di non rimanere in silenzio e si sono rivolte a Cittadinanzattiva, l’associazione di tutela dei cittadini che ha deciso di presentare un esposto su questa vicenda. «Appare inconcepibile», dice Aldo Cerulli, segretario di Cittadinanzattiva, “che, in un servizio così delicato, si provveda con un solo sanitario. Chiedo al direttore generale Pasquale Flacco e all’assessore regionale Silvio Paolucci che vengano presi provvedimenti risolutivi: sia relativamente alla umanizzazione delle cure che verso una migliore organizzazione del lavoro, per evitare che sanitari e personale infermieristico siano costretti a turni stressanti e fuori dalla norma con un probabile rischio di diagnosi errate verso i pazienti».