Marsella divide gli avvocati

Tatozzi si dimise dopo una lettera scritta per il giudice.

CHIETI. La storia dei due giudici travolti dalle indagini sul giro di squillo propone insoliti risvolti e spiega le cause delle dimissioni del presidente dell’ordine degli avvocati Camillo Tatozzi che trovano motivazione proprio nel caso Marsella.
Il giudice del lavoro è finito nella bufera in seguito alle indagini della squadra mobile di Chieti su due locali notturni della costa. Preoccupato per la delicata posizione e probabilmente temendo che il Csm, che aveva aperto un procedimento disciplinare (ancora pendente) su di lui, potesse «punirlo» allontanandolo da Chieti, si rivolse all’ex presidente dell’ordine forense Tatozzi affinché scrivesse una lettera all’organo di autotutela delle magistratura in suo favore.

Una «difesa» d’ufficio dove il presidente degli avvocati, piuttosto vicino agli ambienti dell’alta magistratura, (il padre fu presidente della corte d’appello dell’Aquila), raccontasse del lavoro svolto dal giudice Marsella nel tribunale di Chieti in 23 anni di servizio. L’avvocato Tatozzi ritenne di accordargli il favore, anche nell’autentico convincimento che il giudice, al di là delle frequentazioni extraconiugali con le escort dei night e delle rischiose amicizie con il proprietario dei locali notturni indagato per associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, avesse comunque macinato diverse migliaia di cause e lavorato con assiduità smaltendo i tanti procedimenti della oberata sezione lavoro.

L’ex presidente degli avvocati però non avvertì della lettera i suoi consiglieri che in seguito sarebbero stati chiamati a ratificarla. Ma la «dimenticanza» di Tatozzi fu ben presto svelata da una consigliera che venne a sapere della iniziativa in favore di Marsella dal presidente del tribunale Geremia Spiniello, promotore dell’iter procedurale al Csm e alla procura di Campobasso contro il giudice del lavoro. «Avete ratificato l’encomio?» domandò con sottile ironia Spiniello alla avvocatessa. La consigliera, caduta dalle nuvole, non mancò di sollevare il caso al seguente consiglio degli avvocati. «Come mai non siamo venuti a sapere della lettera?» fu la legittima domanda.

Una richiesta che lasciò di sale gli altri ignari consiglieri, (qualcunò protestò anche vivamente) e scatenò la reazione furiosa di Tatozzi. L’avvocato, nel rivendicare l’iniziativa in favore di Marsella come espressione esclusiva del presidente, abbandonò il consiglio sbattendo la porta. Dopo tre giorni arrivarono le sue dimissioni con una lettera che inviò anche alla redazione del Centro. Una nota criptica, che ai più svelava solo dissapori tra avvocati e che, esclusi gli addetti ai lavori, non riusciva a trovare una chiara spiegazione. Si sa solo che dopo, i consiglieri dell’ordine forense, nel tentativo di non mostrare all’esterno inopportune spaccature della categoria, hanno chiesto la revoca delle dimissioni. Ripensamento che Tatozzi non avrebbe avuto.